Troppi libri dei sogni sulla sanità

Tempo di elezioni, tempo di promesse, ma intanto la sanità è la grande assente dal dibattito politico. Anche i programmi elettorali non brillano per chiarezza di proposte che risultano o troppo ottimistiche o talmente minimali da essere comprensibili solo ai loro autori. Mentre partiti, movimenti politici o contrassegnati dal civismo si sono dilaniati per definire le candidature, la sanità, non solo quella pugliese, ha continuato a soffrire soprattutto per carenza di personale e bassa efficienza del servizio. Chi paga il prezzo più alto? Innanzitutto il sistema dell’emergenza-urgenza, a partire dal 118 e dal pronto soccorso per finire alla rianimazione e all’area chirurgica. Questo lo stato dell’arte a cui ogni Regione ha cercato di rimediare secondo le proprie possibilità e la propria visione.

Il tutto condito da dichiarazioni, ma senza proposte concrete e soprattutto utili a intervenire in tempi brevi. Una strada per risolvere o almeno attenuare l’emergenza camici bianchi in pronto soccorso potrebbe passare dai cosiddetti camici grigi (medici laureati e non specializzati utilizzati per erogare servizi di assistenza primaria, continuità assistenziale, medicina dei servizi, emergenza sanitaria territoriale). Professionisti che vivono nel limbo della precarietà, senza poter ambire a un posto a tempo indeterminato e ben definito. Una schiera di medici figli della mancata parità di offerta tra lauree in Medicina e posti nelle Scuole di specializzazione. Dare la possibilità a questi giovani medici di completare il percorso formativo con la specializzazione, magari riconoscendo un certo numero di crediti formativi a fronte dell’attività svolta, avrebbe due esiti positivi: da una parte le aziende sanitarie disporrebbero di un numero di specialisti per colmare i vuoti di organico; dall’altra l’investimento dello Stato nell’alta formazione di questi medici non andrebbe perduto.

Un modo per dare una risposta al sistema sanitario in fibrillazione, ma stranamente nessuno considera questa eventualità preferendo puntare su promesse e ricette “miracolose”. Basta leggere i programmi elettorali per capire che sulla sanità la nebbia è fitta. Il centrodestra presenta un elenco di attività, spesso generiche: come, cosa e con quali quattrini saranno realizzate certe buone intenzioni è difficile da dire. Per quanto riguarda lo «sviluppo della sanità di prossimità e della medicina territoriale, rafforzamento della medicina predittiva e incremento dell’organico di medici e operatori sanitari» si tratta di percorso in essere, che sarà o dovrebbe essere risolto grazie ai fondi del Pnrr. Il programma sulla sanità del centrodestra parla di ampliamenti dell’esistente o di ripristino. Neppure a cercarle con il lanternino, si trovano soluzioni per i problemi caldi né di breve né di medio né di lungo periodo. Nel centrosinistra non si viaggia con maggiore lungimiranza e concretezza. In casa Pd si parte da un concetto più che noto per la sanità volto a «promuovere il diritto alla salute di tutte e di tutti, rafforzando il Servizio sanitario nazionale e potenziando la medicina del territorio». Si parla di quattrini visto che viene dichiarata l’intenzione di aumentare il Fondo sanitario nazionale di dieci miliardi in soli tre anni. Prendendoli da dove? Tutto da vedere. Dimezzare i tempi d’attesa, cosa buona e giusta, ma come? Si parla di introdurre incentivi-sanzioni dimenticando che, al Sud in particolare, le grandi macchine come tac e risonanze lavorano a “mezzo servizio” per carenza di personale. Ma intanto mostrano i muscoli e agitano la pancia dell’elettorato sul pubblico dipendente fannullone. Il Terzo Polo annuncia l’ambizione di promuovere una riorganizzazione della Medicina generale (auspicabile, ma sinora rimasta lettera morta).

Buono il proposito di destinare il 3 per cento del Fondo sanitario nazionale alla ricerca, ma se non si aumenta quest’ultimo significa solo tirare la coperta da una parte piuttosto che dall’altra, senza che si possano attuare soluzioni strutturali. Con il M5S siamo ai titoli: basta interferenze della politica nelle nomine dei dirigenti sanitari, riforma del Titolo V della Costituzione per riportare la salute alla gestione diretta dello Stato ed evitare le attuali disfunzioni dei 20 sistemi regionali, accessibilità alle terapie innovative e avanzate incentivi per i pronto soccorso, aumento delle retribuzioni per il personale sanitari. Quanto costa tutto questo? Non è dato sapere. Idem per Unione popolare che sulla carta presenta un programma che non può essere non condiviso, ma difetta di labilità nella previsione di spesa per cui suona più come enunciato di sogni che concrete possibilità di essere realizzato. Quindi? La strada per gli elettori è stretta quando il viottolo di montagna.

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