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Tra mercato e potere del pubblico

La seconda botta in un giorno per il Governo è arrivata dalla Corte Costituzionale, che ha confermato la legittimazione delle articolazioni intermedie dello Stato a intervenire sulle distorsioni del mercato.

La Consulta, infatti, oltre a confermare la legittimità costituzionale della legge sul salario minimo della regione Puglia, ha certificato con sent. 186/25 il diritto di Regioni ed enti locali a regolamentare e limitare il proliferare degli affitti brevi.

La pronuncia è importante sotto due profili. Il primo è quello specifico degli affitti a breve termine. Il secondo è la riaffermazione di principi fondanti della democrazia. Sotto il primo profilo, la Consulta dà ragione a tutti coloro che hanno provato a spiegare come intervenire sul tema dell’overtourism per contrastare la crisi abitativa a tutti quegli amministratori che hanno sostenuto di non poter fare nulla in merito. La politica, a tutti i livelli, non ha inteso intervenire per pavidità o convenienza o per assecondare quello che alcuni hanno definito welfare sostitutivo (l’integrazione al reddito) – con una definizione che però bypassa l’entità del fenomeno, che ormai coinvolge medi e grandi player immobiliari. Ma invece di governare questo fenomeno – si può, a partire dai nostri territori, e chi lo può e lo deve fare sono proprio Regioni ed enti locali – se non lo fanno – sull’altro erroneo presupposto, contestato anche da Banca d’Italia, che il turismo debba essere un settore trainante dell’economia – ne devono rispondere. Le realtà d’avanguardia (Val d’Aosta, Toscana, Comune di Firenze, di Bologna e altri) lo hanno dimostrato, assumendosi vittoriosamente la responsabilità di governare i processi, intervenendo su quelli che la Corte chiama testualmente «fallimenti del mercato».

Lo hanno fatto legittimamente con interventi – ancora migliorabili – in materie, come il governo del territorio e il turismo, che sono di loro indiscutibile competenza, come la Consulta ha ribadito. Addirittura la Corte Costituzionale ha affermato che l’home sharing, diffusosi con l’affermarsi delle piattaforme on line, «da un lato rappresenta un’occasione di integrazione del reddito per numerose famiglie, ma dall’altro ha concorso a determinare fenomeni di overtourism, che hanno prodotto esternalità negative» con «effetto inflazionistico sul costo degli alloggi». E inoltre che «l’overtourism può determinare la trasformazione urbanistica di interi quartieri e centri, con ricadute di rilievo anche sulla gestione dei servizi pubblici locali».

Un’analisi economica e sociale ineccepibile in poche righe. La Corte – contro ogni narrazione filoliberista dell’UE – ha altresì posto in rilievo che anche la Corte di Giustizia dell’Unione ha ritenuto meritevole di tutela limitare questi effetti, ritenendo legittima la disciplina urbanistica francese che impone un’autorizzazione preventiva comunale per il mutamento di destinazione d’uso e per l’esercizio di attività di locazione di locali ammobiliati ad una clientela di passaggio in Comuni ad alta tensione sui canoni di locazione.

Tali limiti – ha affermato la Corte europea – «sono giustificati da un motivo di interesse generale relativo alla lotta contro la scarsità di alloggi destinati alla locazione e proporzionata all’obiettivo perseguito, in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia» (caso Cali Apartments). Insomma, basta volerlo. A fronte della legislazione toscana, un altro esempio interessante è quello dell’Emilia Romagna, la cui legge non è nemmeno dovuta arrivare in Corte Costituzionale e, con una disciplina più scarna già lasciava ampi margini di autoregolazione ai Comuni, in stringente applicazione del principio di sussidiarietà, oggi richiamato dalla Consulta.

La pronuncia, poi, è importante perché riafferma anche alcuni principi cardine del nostro ordinamento costituzionale. Ne evidenziamo tre: 1) l’applicazione del principio di sussidiarietà, che va inteso come capacità (e dovere) dell’ente territoriale di governare, per conoscenza diretta, processi che interessano il proprio ambito geografico; 2) il principio secondo cui l’intervento pubblico nell’economia è tuttora possibile e doveroso, ove necessitato da condizioni di carattere sociale prioritarie e nell’interesse generale; 3) e infine quello secondo cui la libertà di iniziativa economica può essere limitata. Principi troppo spesso ignorati (in senso letterale) dalla politica e dagli amministratori locali, e che invece consentono alla cittadinanza di riappropriarsi della capacità di incidere sui processi (e in ultima analisi di contrastare l’astensionismo, ultima emergenza in ordine di tempo).

Veralisa Massari è avvocata

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