A pochi giorni dalla presentazione delle liste elettorali, la situazione è la seguente. Giorgia Meloni dice, ma non dice. Ammette, ma non ammette. Racconta, ma – almeno al momento – non narra nessuna favola. A differenza di Silvio Berlusconi che, invece, sembra il terzo dei Fratelli Grimm: ogni giorno una storiella per raccattare voti di qua e di là. Matteo Salvini, intanto, finalmente libero da “patti di emergenza nazionale”, ci propone un copione letto e riletto: extracomunitari, sicurezza, flat tax, dubbi sui vaccini, sulle mascherine e così via.
Dal centro Carlo Calenda e Matteo Renzi sembrano due romantici eroi accerchiati dai loro fantasmi. Ogni giorno cercano qualcuno con cui scontarsela. Sanno bene che il sale del litigio è il miglior condimento per la politica “last minute”. C’è poi Giuseppe Conte. Per festeggiare le parlamentarie da “tutto esaurito”, il nostro di Volturara Appula ha dismesso un abito completo e ha indossato uno spezzato con pantalone casual e giacca blu.
Poi c’è Luigi Di Maio che resta europeista, atlantista e “terzomandatista”. Ce la farà, i suoi lo sanno. Quello che non sanno è che ce la farà solo lui. Una citazione alla sinistra riformista e operaista: l’aspetta un futuro a una cifra, ma sempre meglio che sparire.
E chiudiamo in bellezza: il Pd. Già, il Pd. Se siete d’accordo, non aggiungerei altro. Lasciamo fare a Enrico Letta. Inutile infierire. Una sola nota in conclusione. I sondaggi continuano a parlar chiaro. I numeri sono inflessibili. Perciò solo una grande alleanza potrà superare i predestinati alla vittoria. Una grande alleanza per vincere, a meno che non sia costretta a piegare la testa di fronte alle decisioni di Mr. Paragone, vero ago della bilancia.
Bentornato,
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