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Superamento dei ghetti e le politiche fallimentari

Si chiamava Pnrr – una sigla che in Italia appare come una promessa e finisce come una barzelletta. Una sigla che suona come una tromba celeste e si risolve con una pernacchia. Doveva essere la rivoluzione, la redenzione, il miracolo laico di Foggia: cancellare i ghetti, costruire case vere, lavare via la vergogna.

Insomma, l’urbanistica come terapia intensiva. Poi, come sempre, è arrivata la realtà foggiana quella che se la tocchi, si difende con un modulo in triplice copia. I 114 milioni esistevano davvero: brillavano come le lucine di Natale sui powerpoint ministeriali. Ma poi hanno preso il volo, dissolti tra bandi da rifare, firme evaporate, determine che si riproducono per gemmazione, proroghe “urgenti” con la calma di un funerale. Oggi nessuno sa dov’è finito quel tesoro.

Qualcuno dice Bruxelles, qualcuno Roma. Qualcun altro giura di averli visti l’ultima volta dentro una pec, insieme a un allegato .zip e una bestemmia. Nel frattempo, a Foggia, tutto come prima: le baracche resistono come tartarughe nucleari. Patrimonio storico, ormai. Nessuna casa nuova, ma tanta coerenza. Si parlava di “superamento dei ghetti”: missione compiuta, li abbiamo superati in durata, solidità e senso dell’umorismo.

Sul fronte delle responsabilità, andrà in onda il solito capolavoro di equilibrismo istituzionale: Il Ministero incolpa i Comuni, i Comuni il Ministero, la Regione si dichiara “non competente” (ma con stile), e il Commissario straordinario promette “solo un altro po’ di tempo”, tipo un paio di ere geologiche. Un concerto di istituzioni dove ognuno suona la propria campanella, ma alla fine il risultato è sempre lo stesso: un silenzio perfetto, cristallino, zen.

Una perfetta orchestra burocratica, dove ognuno suona per conto suo e la sinfonia è sempre la stessa: silenzio assoluto. Un balletto meraviglioso: ognuno gira in tondo, senza toccare nessuno, e alla fine l’orchestra si scioglie senza aver suonato una nota. E pensare che con 114 milioni si potevano fare miracoli: case, scuole, asili, perfino un po’ di dignità. Ma vuoi mettere la sicurezza del non fare nulla? Nessuno sbaglia, nessuno firma, nessuno rischia. È la nuova frontiera della finanza pubblica: zero sprechi perché zero spese.

Un capolavoro di immobilismo performativo. Così nessuno sbaglia, nessuno firma, nessuno risponde. Un miracolo contabile: zero sprechi, perché non si è speso un centesimo. Altro che fallimento: questa è arte concettuale. “Installazione permanente: come trasformare ogni emergenza in scadenza, ogni progetto in faldone e ogni speranza in PDF non firmato digitalmente.” Foggia oggi è un museo vivente della burocrazia: padiglione d’onore, il Cimitero dei Fondi Europei, con lapidi numerate, faldoni in marmo e la guida turistica che spiega: “Qui giacciono 114 milioni di euro. Morti di attesa.” E così, tra la polvere e la ruggine, possiamo finalmente vantare un primato tutto nostro: non solo abbiamo perso i soldi, ma abbiamo perso anche l’occasione di perderli con stile. Abbiamo perso il senso del verbo “fare”. E in fondo, è questo il vero miracolo: riuscire a fallire senza nemmeno provarci.

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