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Sull’acqua la sfida tra le regioni

L’acqua sempre di più al centro del dibattito pubblico nel Mezzogiorno. Un tema enorme che ha messo a nudo l’inconsistenza delle Regioni che hanno trasformato la risorsa idrica in un “poltronaio” senza freni. In queste ore in Campania i sindaci di 11 Comuni irpini sono costretti a subire il “diktat” deluchiano e passare dalla gestione trentennale di AqP (Puglia) a quella fallimentare di Alto Calore (Campania).

Regione che vai enti di gestione che trovi. Un proliferare di poltroncine in totale distonia anche con le “sollecitazioni” di papa Francesco di una governance unica e pubblica di un bene comune.

La Puglia e il Molise non riescono a trovare un minimo di interregionalità e l’arcivscovo di Foggia è costretto a recarsi al Ministero a Roma per sollecitare il “tubone” in grado di connettere la diga del Liscione in Molise a Occhito in Puglia e garantire acqua all’agricoltura sitibonda di Capitanata. Trecento motori agricoli a Lavello in Basilicata lungo le sponde del fiume Ofanto per ribadire la necessita di acqua all’agricoltura lucana.

Un disastro totale, niente progetti, niente Pnrr, niente di niente. I sindaci sono inermi, le aziende non sanno a che Santi votarsi. Intanto il “popolo dell’acqua”, quei comitati civici che dall’Abruzzo alla Calabria, passando per la Puglia, la Basilicata, il Molise, provano a sollecitare le comunità locali, l’Appennino di quelle aree interne depositarie delle sorgenti idriche così offese e umiliata dalla cattive pratiche amministrative. In lontananza sempre più distinto appare il “nuvolone” della privatizzazione del bene comune acqua.

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