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Sui fondi strutturali agricoli è tempo di seminare coraggio

Vale 387 miliardi di euro il portafoglio agricolo dell’Unione europea per gli anni 2023-2027 e la nuova Commissione, appena si troverà la quadra a Bruxelles sulle nomine, stabilirà un budget simile per il quinquennio successivo. Sono tanti soldi, ma nonostante la mole di denaro messo in campo dall’Unione europea, Coldiretti e Filiera Italia lanciano l’allarme proprio sul prossimo pacchetto di fondi strutturali, quelli che verranno erogati dal 2028 al 2032: ogni ipotesi di accorpamento o taglio delle risorse per il settore agroalimentare metterebbe a rischio lo sviluppo dell’agricoltura nazionale ed europea e, con esso, un settore strategico per il futuro dell’Unione.

Così i due presidenti Ettore Prandini e Luigi Scordamaglia hanno scritto al ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, e al prossimo (probabile) vicecommissario europeo, Raffaele Fitto, per esprimere alcune preoccupazioni legate al futuro del bilancio dell’Unione europea, in vista delle sfide legate alla competitività del sistema produttivo, di cui si trovano importanti riferimenti nel documento di conclusioni del Consiglio europeo redatto a fine ottobre.

Nel dettaglio, il presidente della Coldiretti Ettore Prandini fa riferimento ad alcune indiscrezioni che stanno circolando sul futuro Quadro Finanziario Ue, pur apprezzando il la necessità di rafforzare e rinnovare la competitività del sistema produttivo europeo. Luigi Scordamagli, amministratore delegato di Filiera Italia, invece, si dice preoccupato che «l’impostazione della Commissione potrebbe portare a una rinazionalizzazione dovuta alla presunta volontà di derogare ai singoli Stati l’entità complessiva delle risorse da destinare alle diverse politiche; un approccio che potrebbe frammentare gli sforzi di crescita europei».

Per le due sigle non è chiaro come ne potrebbe uscire il bilancio Pac. Da un’analisi di Farm Europe ed Eat Europe, qualora il budget rimanesse invariato, nel 2034 il suo valore reale potrebbe essere solo il 46 per cento di quello del 2020 con un taglio delle risorse superiore al 50 per cento. Secondo Prandini «è inopportuno aprire oggi una discussione sul futuro quadro finanziario pluriennale 2028-2034, a due mesi dall’inizio dei lavori della nuova Commissione Ue che dovrà presentare la proposta, senza un coinvolgimento dei principali settori produttivi europei, agricoltura e alimentare in primis».

Da questi dati si evince come le politiche finanziarie pur senza operare tagli possano impoverire alcuni settori, a partire da quello primario già vessato da condizionamenti economici importanti come la subalternità ai grandi player della distribuzione, basti pensare alle condizioni capestro registrate anche quest’anno in merito al prezzo dell’uva durante la vendemmia, come denunciato in Parlamento dalla senatrice pugliese, membro della Commissione agricoltura di Palazzo Madama, Gisella Naturale che ha chiesto l’intervento del ministero e in virtù dell’iniziativa parlamentare il sottosegretario Patrizo La Pietra ha assicurato che verranno effettuati maggiori controlli.

Non è solo la viticoltura a soffrire, però, Agea, la società del ministero che si occupa di contributi agricoli, fa notare che per il grano duro c’è stato un calo di domande di 400 mila ettari rispetto al 2023, una riduzione dovuta sia all’obbligo della rotazione delle colture, sia soprattutto al raffreddamento dell’interesse degli agricoltori visti i costi crescenti e le quotazioni al ribasso.

Anche la campagna olearia, in pieno svolgimento, offre segnali di contrazione: assistiamo a una significativa riduzione della produzione in Puglia. Le stime attuali indicano un calo di produzione delle olive compreso fra il 30 e il 40 per cento, per quanto la qualità dei nostri raccolti olivicoli è decisamente in crescita, è la voce degli olivicoltori. Infine, la siccità, il cambiamento climatico, l’aumento delle materie prime, le difficoltà logistiche, tutte condizioni che frenano l’economia agricola, aumentando così la fuga dalle campagne, come negli anni 50 del secolo scorso. Tutte condizioni che impongono decisioni importanti e non soltanto spot o provvedimenti tampone come i ristori.

Insomma, l’orizzonte agricolo comunitario appare quantomai complesso e affollato da mille questioni che non possono essere più rinviate o affrontate secondo vecchi schemi. Serve anche in questo settore coraggio, ne va della sostenibilità produttiva di molti paesi membri dell’Ue.

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