Il mio amico Pietro Busetta, economista e opinionista tra i più sensibili al Sud, mi descrive spesso la ricetta palermitana della “pasta con le sarde a mare”. È felice e si diverte a raccontarmela perché ogni volta mi strappa una gran risata. Non riesco proprio a farne a meno. È una risata gustosa ed amara. «Le sarde stanno a mare perché la misera gente non ha soldi per comprarle e allora si fa la pasta con tutti gli ingredienti che la ricetta prescrive: olio, aglio, prezzemolo, profumo di mare e di alici. Così porta in tavola una vera leccornia», conclude Pietro mentre in me sale il gorgoglio della risata. A cui puntualmente si aggiunge la sua. Beh, l’amicizia è anche questo. Condividere una risata amara.
Sì, perché la ricetta ha una morale come le favole di Esopo, Fedro, La Fontaine, Grimm o chi volete voi. Chiosa Pietro: «Le sarde non ci sono, come il lavoro della Repubblica italiana. La Repubblica è fondata sul lavoro, ma il lavoro non c’è o sta all’estero o al Nord». A Napoli, aggiunge l’italianista Fulvia Ambrosino, c’è la ricetta della pasta con le vongole fujute. Il grande Eduardo, nelle sue commedie, l’ha tirata fuori, anche lì suscitando un riso amaro. Francesco Saverio Coppola, napoletano e organizzatore di un grande movimento per il riscatto del Sud, guarda amaramente divertito e fa cenno di sì con la testa.
Siamo a margine della costituzione del movimento Unità Mediterranea e penso che è davvero urgente dare vita a questa iniziativa. Come i poveri palermitani anche i napoletani si preparavano il piatto con tutti gli ingredienti della pasta con le vongole dove però le vongole non c’erano. Le sarde erano rimasta a mare, le vongole erano scappate via da chi le poteva comprare. Esattamente come la nostra Repubblica.
Il lavoro? È l’ingrediente principe della Repubblica. Peccato che a Sud non ce ne sia. La sanità? Gratuita e per tutti. Peccato che se n’è “fujuta” da chi può pagare. Vuoi una visita specialistica? Pagala, altrimenti accontentati del profumo tra un anno. Sei anziano e vuoi un po’ di assistenza domiciliare tra le mura di casa tua? Scordatelo. Nemmeno il profumo in questo caso. “Fujuta” da chi può pagare. A te resta la rsa di infimo ordine. Vuoi la presenza dello Stato in economia? Beh, qui la risata è di quelle che raggelano addirittura. Avevamo immensi patrimoni, industrie, eccellenze in vari settori, nei porti eravamo addirittura super e avevamo un esercito di piccole e medie imprese che il mondo ci invidiava. Il pil cresceva, il debito era sotto controllo e la gente metteva da parte i risparmi. Poi si inventarono le privatizzazioni. E la politica economica in Italia “se ne fujette” come le vongole o restò prigioniera nel mare della speculazione e della finanza internazionale. Adesso hanno venduto tutto.
Ai poveri sono rimasti i pullman, poi si torna a piedi come nel Medioevo. Insomma, la nostra Repubblica è diventata la Repubblica “al profumo di lavoro che non c’è” o “al sapore della ricchezza scappata via”. Questo Paese un tempo solidale, coraggioso e intraprendente è diventato xenofobo. Ha addirittura perso la memoria. Scivola verso l’ignoranza avendo dimenticato che i suoi nonni andavano a scuola di sera e lavoravano di giorno per far studiare i figli. Ora ci si affida a bonus per povertà, lavoro, vacanze, spesa, psicologo, libri, bollette, benzina. Che la storia, Dio o chi volete voi ci preservino dall’assistere al definitivo dissolvimento della nostra Repubblica o, peggio, dal parteciparvi.