Stellantis, Elkann lamenta l’ostilità e trascura il brand

Qualche giorno fa John Elkann ha partecipato al cinquantesimo anniversario del Gruppo Dirigenti Fiat e, nel corso del suo intervento, ha fatto un passaggio particolarmente significativo. Infatti, a un certo punto, rivolgendosi alla platea dei manager ha detto loro: «C’è chi in questi mesi, sembra poco disposto a riconoscere i meriti di tutti coloro, dipendenti, collaboratori e dirigenti, hanno contribuito a superare le sfide e a raggiungere straordinari risultati nei 125 anni di storia del nostro gruppo. Con le polemiche strumentali, i rancori, i protagonismi non si risolve niente, non si costruisce nulla».

Le parole del presidente Elkann provano a radiografare una realtà così come viene vissuta all’interno di Stellantis, ma non dicono invece quanto quella percezione che arriva fino ai piani alti della dirigenza si manifesti oggi in modo principale e ampio online. Questa precisazione è fondamentale per diverse ragioni, tra queste ce n’è una non di poco conto. Nella società digitale se un’azienda vuol vendere i suoi prodotti – dalle auto ai profilattici, non fa differenza – e se un’impresa e i suoi manager puntano a conquistare o solo conservare quote di mercato rispetto all’aggressività della concorrenza, allora non è pensabile né possibile prescindere da una condizione immateriale ma sempre più necessaria: la reputazione positiva dell’infosfera. È la reputazione digitale che un marchio, un prodotto e gli stessi manager dell’azienda possono vantare online, a influenzare l’opinione pubblica, a condizionare la pigrizia dei consumatori.

A tal proposito, c’è un caso esemplare da rammentare per comprendere il valore finanziario della reputazione: subito dopo l’invasione russa ai danni dell’Ucraina, le più importanti multinazionali fecero a gara a pubblicizzare la chiusura dei loro uffici e dei loro negozi aperti in Russia, così come a boicottare il mercato russo pur di blindare agli occhi dell’opinione pubblica mondiale la percezione di aziende che non sono interessate solo al profitto, ma che come i loro clienti hanno a cuore più in generale anche i temi sociali, la tutela dei principi democratici, la salvaguardia delle libertà civili, il rispetto dell’ambiente. Insomma, le aziende sono sempre più interessate a essere percepite dai consumatori come imprese sostenibili. Tant’è che puoi costruire anche le migliori automobili al mondo, le più belle, con tecnologiche di avanguardia e al tempo stesso anche le meno costose, ma queste qualità abbinate alla convenienza – così come, sia chiaro, lo stesso vale per i servizi – non ti aiuteranno nel lungo periodo a vendere più dei tuoi concorrenti se non riesce a consolidare una tua reputazione, in primis online.

Quando Stellantis diffonde i suoi comunicati trimestrali sulle consegne di autoveicoli, l’ultimo è di qualche giorno fa dove si annuncia un nuovo calo, in questo caso del 20% rispetto al terzo trimestre del 2023, o peggio ancora quando annuncia un nuovo periodo di cassaintegrazione, come è successo qualche mese fa per lo stabilimento di Melfi, il più grande tra quelli in Italia con oltre 5mila dipendenti e altri 3mila impiegati nell’indotto, dovrebbe mettere in campo delle strategie di compensazione immediate, invece sembra del tutto ignorare o derubricare questo aspetto. Gli attacchi e i rancori lamentati da Elkann, prima ancora di essere motivati dalle scelte manageriali dell’azienda sono una diretta conseguenza di questa sottovalutazione del valore del capitale reputazionale, sia del marchio che delle azioni dei manager. La società digitale non premia solo le aziende capitalizzate, ricche e profittevoli, ma innanzitutto quelle che investono con oculatezza nel capitale reputazionale.

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