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Sole a credito, quell’impianto lontano dal paese

C’è un proverbio dalle parti dei Monti Dauni che dice: «Chi ha il sole in casa non accenda la candela». A Roseto Valfortore, però, hanno deciso di fare il contrario: accendere il sole, ma…a Foggia. Il piccolo borgo, noto per i suoi panorami, la quiete e le rose nel nome, ha inaugurato con grande entusiasmo un impianto fotovoltaico comunale. Applausi, fascia tricolore, foto di rito e dichiarazioni di circostanza sul futuro «verde e sostenibile».

Peccato che il sole che farà splendere i conti del Comune non scalderà neanche un forno locale, perché l’impianto non si trova a Roseto, bensì nella zona industriale di Foggia. Un paradosso: energia a distanza. La motivazione ufficiale è impeccabile nella forma: mancano nel territorio comunale le infrastrutture elettriche adeguate e si è dovuto cercare un terreno «più attrezzato». Così nasce l’ennesimo controsenso all’italiana: un progetto di energia locale che finisce dislocato altrove, come una pizza d’asporto energetica. Un po’ come vantarsi di avere una casa al mare in leasing ad un estraneo. L’energia prodotta, infatti, non verrà utilizzata in paese: sarà ceduta al Gse, con i proventi che si spera torneranno in qualche forma alla comunità. Insomma: l’autonomia energetica è rimandata a data da destinarsi, e per ora si può parlare solo di «autonomia simbolica».

A Roseto Valfortore il futuro è quindi luminoso, ma a distanza di sicurezza. Il Comune è tra i pionieri nella creazione di una Comunità Energetica Rinnovabile (Cer). Sulla carta, un progetto bellissimo: cittadini che condividono energia pulita e riducono la bolletta. Peccato che la comunità debba ancora trovare la corrente giusta letteralmente. Senza la famosa cabina di trasformazione, la Cer rischia di restare una comunità a lume di candela. Viene spontaneo chiedersi: se non c’è una cabina elettrica, chi doveva costruirla prima dell’impianto? Perché investire in un impianto «fuori sede» invece di affrontare il nodo infrastrutturale nel territorio comunale? E soprattutto: quanto tempo passerà prima che l’energia «di Roseto» torni davvero a Roseto? Conclusione: un sole a credito.

Nonostante l’impianto fotovoltaico rappresenti un passo simbolico verso la transizione ecologica, l’obolo riconosciuto al Comune appare estremamente risicato rispetto alle potenzialità dell’iniziativa. I circa 40mila euro annui, pur utili, rappresentano una cifra marginale se confrontata con gli investimenti complessivi necessari per l’energia e l’infrastruttura pubblica, e risultano ancor più modesti considerando che l’impianto è collocato fuori dal territorio comunale, limitando così la ricaduta diretta sui cittadini. L’operazione, pur virtuosa nella forma, mostra come spesso la buona volontà si scontri con vincoli tecnici e burocratici, trasformando un progetto rinnovabile in un ritorno economico più simbolico che sostanziale. Il Comune ha avuto coraggio, visione e voglia di fare. Ma la realtà ha messo l’ombra dove serviva la luce. E così, mentre i pannelli a Foggia catturano i raggi del sole, a Roseto resta una insolita forma di energia rinnovabile: il sole a credito.

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