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Sicurezza e infortuni? Dimenticati

C’è un assente illustre nel dibattito in corso sulla manovra finanziaria attualmente in discussione in Parlamento. Si tratta della sicurezza del lavoro, tema troppo spesso trascurato in Italia. Eppure i numeri imporrebbero un “colpo di reni” delle istituzioni chiamate ad affrontare un problema che rischia di depauperare ulteriormente il tessuto sociale e produttivo del Paese. Dati Inail alla mano, infatti, tra gennaio e ottobre le denunce di infortunio sul lavoro sono aumentate addirittura del 32,9% rispetto allo stesso periodo del 2021, sfiorando quota 600mila. Stesso discorso per le patologie di origine professionale, protagoniste di un’impennata del 10,2% che le ha portate a superare la soglia delle 50mila. Il fenomeno risparmia pochi settori produttivi.

Perché, se è vero che nell’agricoltura il numero degli infortuni sul lavoro denunciati è calato di poco più del 3%, è altrettanto vero che incrementi addirittura a doppia cifra si sono registrati per industria e servizi (+31,3%) e conto Stato (+64,4%).

Tanto che l’Inail parla di «incrementi generalizzati degli infortuni in occasione di lavoro in quasi tutti i settori produttivi, in particolare sanità e assistenza sociale (+129,1%), trasporto e magazzinaggio (+102,9%), amministrazione pubblica che comprende le attività di Asl e amministrazioni regionali, provinciali e comunali (+65,4%), senza dimenticare i servizi di alloggio e di ristorazione (+61,5%)».

L’analisi territoriale del fenomeno non è più incoraggiante, se si pensa che l’incremento delle denunce di infortunio è evidente in tutte le aree del Paese: più consistente al Sud (+46,1%), seguito da Isole (+41,7%), Nord-Ovest (+39,7%), Centro (+35,9%) e Nord-Est (+18,3%). Insomma, il quadro è allarmante come riconosciuto non solo dall’Inail ma anche dalle associazioni e dai sindacati. Non a caso Cantiere Lavoro ha formulato una serie di proposte utili a cancellare la piaga degli infortuni sul lavoro e delle morti bianche.

Qualche esempio? La diffusione della cultura della salute e della sicurezza nelle scuole, dove si suggerisce di strutturare percorsi di istruzione e di formazione professionale in grado di inculcare nei giovani le nozioni fondamentali in tema di prevenzione. Poi l’istituzione di un elenco dei formatori che individui i requisiti minimi, soprattutto per quanto riguarda competenze ed esperienza, di cui dev’essere in possesso ogni soggetto che intenda curare la preparazione dei lavoratori in tema di sicurezza e prevenzione. Ma ci sono soprattutto due proposte che meritano di essere accolte. La prima: una radicale sburocratizzazione. Sembra impossibile, ma anche l’ambito della formazione dei lavoratori e della prevenzione degli infortuni rischia di essere soffocato da mille cavilli. L’auspicio è che l’accordo Stato-Regioni, la pubblicazione del quale è attesa a breve, contenga una rivisitazione dell’attuale disciplina. E poi c’è il tema delle misure di carattere fiscale: perché non prevedere un credito d’imposta per le imprese che investono in attività formative, informative e di addestramento o, in alternativa, un co-finanziamento per l’acquisto di attrezzature da lavoro moderne e sicure? È in questo senso che dalle istituzioni ci si attende uno scatto in avanti che rimetta la sicurezza del lavoro al centro del dibattito e delle politiche pubbliche. Non si tratta semplicemente di migliorare qualche statistica, ma di preservare la salute e la dignità dei lavoratori prima ancora che il tessuto sociale e produttivo del Paese.

Raffaele Tovino è dg Anap

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