Il referendum dell’8 e 9 giugno si presenta come un crocevia cruciale per il futuro del nostro Paese. In un contesto di crescente incertezza politica e sociale, è fondamentale riflettere su quanto accaduto in passato e sulle scelte da compiere oggi. Non c’è nulla di male nell’invitare all’astensione, come hanno fatto in passato figure importanti come Bettino Craxi, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, i sindacati e gran parte della sinistra. Un referendum che si ritiene sbagliato può essere affondato e la recente esperienza del referendum sulla giustizia, che ha visto un’affluenza del 30%, ne è una testimonianza chiara.
In questo contesto, è opportuno mettere in guardia contro le false narrazioni che circolano riguardo ai quesiti referendari. Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni, non si torna alle tutele crescenti. La Corte Costituzionale ha già cassato tali disposizioni e l’idea che si possa ripristinare l’articolo 18 è fuorviante. La proposta abroga infatti la norma Conte-Di Maio, che prevede un’indennità di 36 mesi, per tornare alla normativa Monti-Fornero, che offre solo 24 mesi di indennizzo e garantisce la reintegra, tranne guarda caso solo ai dipendenti dei sindacati. Landini questo non lo dice. Questo non è un passo avanti, ma un regresso per i diritti dei lavoratori.
Politicamente, questa battaglia si configura come uno scontro tra una sinistra reazionaria e una sinistra riformista. Sono proprio queste forze che hanno istituito le norme in discussione e ora cercano di abrogarle. È un paradosso che merita attenzione e una seria riflessione da parte degli elettori.
Ma la vera truffa, il pericolo più insidioso, risiede nel quinto quesito: l’assegnazione della cittadinanza a 2.5 milioni di extracomunitari dopo soli cinque anni. Questa misura, che potrebbe raddoppiare grazie ai ricongiungimenti familiari, si traduce in un potenziale cassetto elettorale e in un collasso automatico del già fragile stato sociale, tanto sbandierato dalla sinistra e da figure come Landini. È un rischio che non possiamo permetterci di ignorare.
In conclusione, l’invito è a riflettere e non andare a votare. Il referendum vero confermativo, sarà nella prossima primavera, sulla riforma della giustizia, privo di quorum, e rappresenta una vera opportunità per la tutela dei diritti fondamentali degli italiani e merita la nostra attenzione e il nostro sostegno. La scelta di partecipare o meno a questo referendum non è solo una questione di opinione, ma un atto di responsabilità verso il futuro del nostro Paese.