C’è una storia antica che racconta di un re, la cui moglie è mossa dalla passione per un toro bianco e da questo amore improbabile nasce un mostro, che il re vuole uccidere e allora lo nasconde, lo occulta alla vista di tutti, come se facendo sparire la prova, automaticamente, svanisse anche il tradimento, la colpa, l’insano gesto. Ed eccolo il Minotauro passare giornate lunghe come autunni piovosi, in una costruzione da cui è impossibile uscire, ma dentro la quale ci si può solo perdere: il labirinto. E poi c’è il racconto dei giovani ateniesi che, pegno di guerra, venivano dati in pasto al mostro.
Tutto sarebbe restato immutato se non fosse comparso l’eroe, che armato di spada, uccide il minotauro. Ma in questa storia la spada non basta. C’è bisogno di un filo. Un filo che accompagni l’eroe, lo segua nella sua discesa agli inferi, gli stia accanto nella paura e poi si trasformi in ancora per il ritorno. E quel filo appartiene ad una ragazza. Il suo nome è Arianna.
Ma chi è costei? Non è solo una donna, ma un simbolo, un’idea, una metafora. Arianna è colei che guarda l’altro e lo fa senza giudizio, gli sta accanto nei momenti difficili e in quelli gratificanti, nelle imprese eroiche e negli attimi di paura. È colei che non guida, ma fornisce uno strumento, un semplice filo. Un filo con cui perdersi e ritrovarsi, con cui andare incontro al proprio Minotauro, smarrirsi tra i vicoli di un oscuro labirinto, ma venirne fuori. Diversi. Ecco perché Arianna non è semplicemente la ragazza del gomitolo, ma la metafora della Psicoterapia. Sì, perché la terapia non è una catena ma un filo, non è una certezza ma un dubbio, non è una direzione ma l’intuizione di provare a guardarlo, l’intuizione che solo attraversando il buio si può comprendere veramente di che colore è.
Entrare in terapia significa entrare nel labirinto, non per uccidere ma per perdersi, non per uscirne ma per affidarsi, e solo allora si comprende che non serve la spada, ma basta un filo. E tornando ad Arianna, poi arriva l’isola di Nasso, la dimenticanza, l’abbandono. L’eroe parte e lei resta sola a sentire il rumore del vuoto e della perdita. E lì, proprio nel momento della sofferenza che avviene la rinascita, la comparsa del dio, di quel Dioniso che la porta in cielo e la trasforma in stella. Perché c’è sempre un cielo da riempire, quando pensiamo che sia finita.
Bentornato,
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