Partiamo da due dati oggettivi e semplici. Il primo è che la Guardia di Finanza ha comunicato di aver eseguito da marzo a dicembre 2022 n. 5.187 verifiche agli impianti di distribuzione stradale di carburante e ai depositi, contestando ben 2.809 violazioni alla disciplina dei prezzi. In particolare, 717 violazioni hanno riguardato la mancata esposizione o la difformità dei prezzi praticati rispetto a quelli indicati, mentre 2.092 sono relative all’omessa comunicazione al ministero.
Il secondo elemento è che qualsiasi utente si accorge che esiste fra i distributori un divario, una forbice sui prezzi praticati, che può arrivare anche a 30 centesimi (al litro) di differenza fra l’uno e l’altro. Questi due fatti da soli, ci dicono che sul prezzo di benzina e gasolio esistono – da parte di alcuni – condotte commerciali lesive dei consumatori.
Con il nuovo DL ogni distributore ha adesso l’obbligo di mostrare un cartello con il prezzo medio stabilito dal Ministero dell’Ambiente ogni giorno, accanto al proprio prezzo.
In caso di violazione ci saranno delle sanzioni, ma la vera utilità di questa norma è di consentire all’utente di capire se vi è un divario importante di prezzo in quello specifico distributore e cosi rivolgersi ad altra pompa.
Scioperare contro questa norma non ha senso, perché in realtà per gli operatori virtuosi, cioè per i distributori che avranno un prezzo vicino a quello medio indicato dal Ministero, il cartello diventerà…. un’attrazione e non un danno.
Lo sciopero per due giorni infrasettimanali e lavorativi è un gesto sproporzionato che serve solo a danneggiare ulteriormente i cittadini, già vessati dal rialzo dei prezzi.
Per correttezza ed equilibrio occorre dire però che esistono anche altri due elementi oggettivi che gli utenti devono comprendere. I piccoli gestori non c’entrano con le manovre speculative, che attengono più a condotte a livello centrale, dove vengono decisi i prezzi dei grandi marchi che poi tutti i gestori e gli esercenti dovranno applicare. La struttura del prezzo di un litro di benzina è costituito per circa il 58% dalla componente fiscale (Iva e accise) e solo per il restante 42% dal prezzo industriale. Peraltro il prezzo industriale non è l’utile ma è la somma di tutti i costi associati alla materia prima (su cui agiscono le quotazioni internazionali e l’effetto cambio euro/dollaro), nonché i costi di struttura (logistici, commerciali e amministrativi), e poi anche i margini del gestore.
Infine vi è il tema delle scelte politiche in questo settore. Il Governo ha motivato la scelta di non prorogare il taglio delle accise, con un nuovo indirizzo che si vuol dare alla politica degli aiuti: basta erogare bonus generalizzati a tutti indistintamente e usare invece le risorse che ci sono per interventi di sostegno selettivi, in favore delle fasce deboli. Il taglio delle accise sulla benzina e sul gasolio oggettivamente premia alla pompa, in eguale misura, sia il ricco e sia il povero. Questo principio che appare anche condivisibile in un’epoca di risorse finanziarie scarse, non può però essere applicato per i beni essenziali, come sono benzina e gasolio che servono per spostarsi, viaggiare e lavorare. Il prezzo dei beni essenziali merita sacrifici di bilancio, perché deve essere mantenuto su un livello accettabile e sopportabile per i redditi più bassi. Per tale ragione, le Associazioni dei consumatori che oggi incontrano il Ministro Urso, da un lato diranno che apprezzano la norma che impone maggiore chiarezza dei listini dei carburanti, ma dall’altro chiederanno al Governo di intervenire a monte, sulla formazione dei prezzi, monitorando più quello che accade alla fonte che alla valle del fenomeno aumenti.
Antonio Pinto è avvocato, presidente Confconsumatori Puglia