La Puglia, con i suoi 800 chilometri di costa, è una delle regioni italiane più associate al mare. Ma se da un lato continua a brillare nelle classifiche turistiche, dall’altro rischia di inciampare nei suoi stessi limiti infrastrutturali e normativi. È questo il grido d’allarme – ma anche la proposta concreta – emerso dal focus group organizzato il 29 maggio scorso nell’ambito del progetto di ricerca nazionale sul futuro sostenibile del turismo coordinato del professore Corrado Crocetta dell’Università di Bari “Aldo Moro”.
All’incontro, organizzato dalla professoressa Antonella Massari, hanno partecipato tra gli altri Ugo Patroni Griffi dell’Università degli studi di Bari, Antonio Ranieri, presidente di Assonautica Bari, Roberto Ranito, vicepresidente del Circolo della Vela del capoluogo, Giulio Pettini, direttore operativo della Ramar, Maurizio Federighi, presidente regionale di Assoviaggio Confesercenti, Antonio Capacchione, presidente del Sindacato italiano balneari, Vito Vergine, imprenditore nel settore balneare, Fabrizio Santorsola, presidente di Fiba Confesercenti, Nicola Pertuso, presidente di Fipe Confcommercio Bari-Bat. Tutti concordi su un punto: il turismo nautico e balneare può essere la chiave di volta per un’economia costiera forte, sostenibile e capace di generare lavoro, ma servono scelte coraggiose.
Bari, Brindisi, Gallipoli, Leuca: nomi che evocano immagini di vacanze da cartolina. Eppure, come ha sottolineato Ugo Patroni Griffi, molti porti pugliesi sono ancora «chiusi alla città», inaccessibili o prigionieri di regole urbanistiche anacronistiche. «Abbiamo avuto il coraggio di sbloccare Marisabella a Bari – ha dichiarato – ma mancano strutture a terra, servizi di qualità e collegamenti efficienti. Il rischio è che grandi yacht e crocieristi scelgano altri approdi, in Croazia o Grecia, meglio organizzati». Le nuove banchine per mega-yacht sono un passo importante, ma l’orizzonte per un porto turistico completo a Bari resta ancora di cinque o sei anni. Nel frattempo, «siamo costretti a offrire accoglienza modesta, strutture precarie, servizi igienici inadeguati», ha spiegato Giulio Pettini del cantiere Ramar.
Brindisi, oggi capitale del diporto nel Mezzogiorno, non lo è diventata per caso. «Lì gli spazi li hanno creati, triplicando le aree portuali per la nautica», ha ricordato Roberto Ranito. Le norme regionali sono talvolta paralizzanti: «La nostra costa è bloccata da vincoli paesaggistici incoerenti e da interpretazioni arbitrarie abbiamo bisogno di leggi semplici, coraggiose e di funzionari che ascoltino».
Il settore balneare non se la passa meglio. «Siamo ancora costretti a smontare gli stabilimenti ogni inverno, come se fossimo abusivi», ha denunciato il presidente di Federbalneari. E mentre si discute di Bolkestein, solo l’8% dei Comuni pugliesi ha adottato un piano comunale delle coste. «Mancano visione, regole chiare, pianificazione condivisa – ha ricordato l’ex assessore regionale Mimmo Magistro – e intanto perdiamo competitività, mentre l’Albania costruisce strutture stabili in mare».
Il nodo più grave resta la gestione ambientale e il dragaggio. La sabbia dragata spesso non può essere riutilizzata per il ripristino delle spiagge resosi necessario a causa della erosione. Serve una nuova normativa nazionale e un coordinamento tra enti locali, Arpa e Ministero dell’Ambiente.
Non basta la bellezza del paesaggio. Per attrarre turisti di qualità servono servizi di qualità. «Il diportista è esigente – ha sottolineato Antonio Ranieri di Assonautica – e la variabile decisiva è la professionalità degli operatori». Da qui l’importanza della formazione: «Il distretto nautico ha avviato progetti interessanti, ma c’è ancora molto da fare, specie sul fronte dell’ospitalità diffusa e del marketing».
Una proposta concreta emersa nel focus è l’integrazione delle due anime del turismo costiero: balneare e nautica. Non come comparti separati, ma come parte di un ecosistema. Piattaforme galleggianti, mini-approdi ecosostenibili, servizi digitali per prenotazioni integrate: sono solo alcune delle idee discusse. «Il mare Adriatico – ha ricordato Maurizio Federighi di Assoviaggi – è povero di isole, ma ricco di potenzialità. La Puglia potrebbe diventare una destinazione blu d’eccellenza, se solo smettesse di auto-sabotarsi».
Tutti i partecipanti al tavolo hanno lanciato un messaggio unanime: serve una politica che sappia dire sì. Che non si lasci paralizzare dal “fronte del no”. «In Campania, De Luca ha costruito un porto sfidando ambientalisti e burocrazia – ha ricordato un imprenditore – oggi Salerno è un hub. Qui da noi, invece, anche un pontile diventa un’impresa impossibile». Se non si interviene, il rischio è che la Puglia perda il suo treno blu. «Il turismo balneare e nautico – hanno ribadito i coordinatori del progetto – non è solo economia. È identità. È futuro. Ma serve visione, coerenza e azione».
Bentornato,
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