Il quadro congiunturale che si profila per l’autunno prossimo non è dei più rosei. Gli ultimi dati Istat mostrano che nel mese di agosto 2023 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento di +0,4% su base mensile e di + 5,5% su base annua (+5,9% del mese precedente). A pesare su questa tendenza è stata l’accelerazione dei prezzi dei servizi relativi all’abitazione e la più contenuta flessione dei beni energetici regolamentati.
Resta elevata l’inflazione, anche se in moderato rallentamento, dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +10,2% a +9,6%) ed è in aumento per complesso dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (che includono oltre ai generi alimentari, le bevande alcoliche e analcoliche, i tabacchi, le spese per l’affitto, i beni non durevoli per la casa, i servizi per la pulizia e manutenzione della casa, i carburanti, i trasporti urbani, i giornali e i periodici, i servizi di ristorazione, le spese di assistenza. da +5,5% a +7,0%).
L’inflazione nell’area euro ha registrato un incremento annuale di + 5,3%, rispetto al +5,5% di giugno e al +8,9% dello stesso mese del 2022. In Europa, la componente cibo, alcolici e tabacco ha avuto la più rapida crescita (+10,8% rispetto a luglio 2022). É certo uno scenario che non alimenta ottimismo come evidenziato dagli ultimi dati Istat sull’indice di fiducia dei consumatori su base mensile che passa da 106,7 a 106,5), mentre l’indice composito del clima di fiducia delle imprese cala più drasticamente da 108,9 a 106,8.
Neppure i dati sull’occupazione sono incoraggianti: nel mese di luglio, dopo sette mesi di crescita, sono stati bruciati 73 mila posti di lavoro rispetto al mese precedente (-0,3% su base mensile) e il tasso di disoccupazione totale sale al 7,6% (+0,2 punti su base mensile ). Il rallentamento dell’economia tedesca, che secondo alcuni analisti starebbe per entrare in una preoccupante fase di stagflazione, la crescente incertezza sul fronte dei prezzi legata alla situazione geopolitica (guerra in Ucraina e tensioni nelle relazioni Usa-Cina), il ripristino delle rigide regole del Patto di stabilità, sono variabili esogene che non aiuteranno certo questo governo a navigare in acque tranquille nei prossimi mesi.
Una situazione di allarme che dovrebbe indurre il governo a rivedere innanzitutto l’impostazione liberista adottata in tema di politiche sociali (abolizione del reddito di cittadinanza e resistenze sul salario minimo), ma pare che Meloni abbia ormai sposato una rigida politica di rigore accantonando persino i temi centrali dei suoi slogan elettorali, e cioè la riduzione di tasse, la riforma delle pensioni e i tagli definitivi delle accise sui carburanti. Resta in piedi solo il promesso taglio del cuneo fiscale (che vale circa 9 miliardi) come sostegno alle famiglie e per contrastare il preoccupante calo demografico, che invece richiederebbe politiche sociali più incisive, a maggior ragione in un contesto, come quello italiano di economia dualistica, con un Sud sempre più in difficoltà. Per affrontare questa difficile situazione (la manovra richiede 30 miliardi di euro e le coperture si attesta solo a 10 miliardi) non basta il carisma personale o la sapiente uscita mediatica, occorre superare una ottusa impostazione ideologica e individuare strumenti più idonei.
Posto di fronte a uno scenario sempre più difficile, che non è in grado di dominare con le sue politiche, il governo rischia di restare spettatore passivo, evitando di affrontare non solo le emergenze, ma anche lo stesso programma con cui ha vinto le elezioni, a cominciare dal regionalismo differenziato e dalla flat tax che appaiono inattuabili in questo contesto. Il tanto desiderato governo politico rischia ora di far rimpiangere il decisionismo dei governi tecnici.
Rosario Patalano è economista