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Riappropriamoci del senso di vergogna come sentinella a difesa della collettività

Perché e di cosa ci vergogniamo? Già Charles Darwin nel 1872 notò con le sue innumerevoli osservazioni, raccolte nel volume in edizione italiana, L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali, alcuni segnali tipici della vergogna. “I piccoli vasi, che formano tutta una rete sulla parte superficiale del volto, diventano gonfi di sangue quando si prova un sentimento di vergogna… Il rossore non solo è involontario, ma anzi il desiderio di reprimerlo lo fa addirittura aumentare, perché concentra l’attenzione su noi stessi”. Al di là delle acute descrizioni, quel che colpisce in altre pagine del testo citato è l’ipotesi, che sarà confermata pienamente soltanto nella seconda metà del secolo successivo, che solo noi umani possiamo provare vergogna.

Di più: Darwin comprese che la vergogna è un’emozione universale, presente in tutte le culture. Le emozioni, e tanto più la vergogna, non sono serbate in una presunta interiorità del soggetto umano, ma hanno un’origine sociale (con una disposizione biologica) e si manifestano nelle relazioni. Impariamo dai rapporti sociali i nomi delle emozioni, che sono appunto socialmente apprese. Le esibiamo per interagire con i nostri simili in una combinazione di inter-azioni che hanno, spesso, significative conseguenze sociali. Pensiamo, oltre alla vergogna, alla collera, alla paura, alla gelosia, al rancore, all’odio ma anche alla gioia, all’euforia, alla passione amorosa. Gli umani, a differenza degli altri animali, sono carenti di istinti, non posseggono quella guida all’orientamento fondata su risposte reattive, prevalentemente univoche, a stimoli esterni (o talvolta anche interni).

La nostra specie è esposta a una miriade di sollecitazioni mondane e ambientali che potenzialmente potrebbero avere molto, poco o nessun significato per l’esistenza: è questa una delle ragioni della connaturata incertezza umana. L’agire arbitrario, indeterminato, privo di un repertorio stereotipato di comportamenti, ci induce a non discriminare con congenita sicurezza ciò che è dannoso da ciò che non lo è. Cosicché lo stato di disorientamento, tipicamente umano, ci espone al senso di vergogna. Un’emozione radicale, distintiva della nostra natura, come lo sono il linguaggio, il bipedismo, il riso e il pianto che ci accompagna come un’ombra in cui rischiamo di perdere la faccia. Perciò alla presenza degli altri potremmo manifestare anche intensamente un senso di inadeguatezza, subirne lo sguardo, avere timore del loro giudizio.

Il suo contravveleno, al fine di nasconderne gli effetti più eclatanti, come rossore e balbettio, è il pudore che tuttavia ha il limite di essere insidiato dall’imbarazzo, che provoca, a sua volta, uno stato di agitazione. Vergogna e imbarazzo, sia l’una che l’altro hanno declinazioni storiche, culturali, geografiche, di appartenenza a gruppi e classi sociali. Quel che per un borghese dell’occidente può essere causa di vergogna e imbarazzo potrebbe non esserlo per un chamacoco della popolazione india del Paraguay, e viceversa. La vergogna, nonostante il tentativo di arginarla con la costruzione di nicchie culturali come le regole della socialità, i riti sociali, le etichette, i galatei, è sempre in agguato. E del resto chi di noialtri potrebbe affermare di non aver mai provato vergogna o imbarazzo?

Alcuni studiosi hanno provato a dividere le società sia antiche che moderne in società di colpa o di vergogna. Una divisione che presenta molte suggestioni: le società fondate sulla colpa sarebbero fortemente orientate alla disciplina, a norme prescrittive, all’accettazione del comando. Quelle della vergogna invece sarebbero caratterizzate soprattutto da modelli di superiorità della propria immagine come forma di adeguatezza, dal possesso di beni o dalla disponibilità di accedere a servizi esclusivi che costituisco veri e propri status symbol. E’ del tutto evidente che le società nelle quali noi occidentali viviamo sono caratterizzate più dalla vergogna che dalla colpa.

Eppure, per quanto possa apparire paradossale, la vergogna, in alcuni casi, è una sentinella a difesa della collettività. Troppo spesso nella nostra contemporaneità assistiamo a spettacoli indecenti da parte soprattutto di coloro che hanno maggiori responsabilità pubbliche, che godono frequentemente di ingiustificati privilegi, esibiti spudoratamente come trofei. È facile per costoro scrollare le spalle e simulare atti di contrizione dopo averla fatta sporca. Allora, vergogna e imbarazzo, spiacevoli e a volte insopportabili emozioni, potrebbero difenderci evitando che si ignorino le proprie e le altrui responsabilità.

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