Il turismo nel nostro Paese rappresenta una componente fondamentale del sistema produttivo. A volere leggere i dati relativi all’andamento del comparto turistico e del posizionamento dell’Italia rispetto ai principali competitors europei si può osservare (dati del ministero del turismo) che ad aprile 2023 si sono registrate presenze turistiche pari a 21,0 mln, (+37% rispetto a febbraio 2022) con una durata media del soggiorno pari a 2,8 notti (2,9 notti a febbraio 2022) e con un indice di saturazione pari al 32,5%, posizionandosi al primo posto per tasso di saturazione medio delle prenotazioni, con un valore di 4 punti percentuali superiore alla media dei Paesi nostri concorrenti come Grecia, Spagna e Francia.
In Puglia (dati dell’Osservatorio turistico della regione) il movimento turistico negli esercizi ricettivi nel 2022 ha fatto registrare 2.181.102 arrivi e 10.221.699 presenze che sono cresciuti rispettivamente del +9% e del +5% rispetto allo stesso periodo del 2021, con una permanenza media del soggiorno pari a 5 giorni. Eppure, come ha messo correttamente in evidenza Davide Stasi nel suo contributo apparso sull’Edicola del Sud dell’11 aprile 2023, «resta ancora troppo bassa la redditività delle imprese turistiche pugliesi» nonostante l’aumento che si registra in termini di arrivi e di presenze, fatto che evidenzia che «il modello di fare impresa non è redditizio come dovrebbe. O meglio [che] la nostra offerta turistica non è così matura da garantire buoni profitti».
Ne deriva come conseguenza che se le imprese non aumentano il valore della produzione non è possibile compiere un salto di qualità a causa del decremento degli investimenti che rende debole il nostro prodotto turistico. Che fare allora partendo dal presupposto che il nostro sistema produttivo è caratterizzato da una diffusa presenza di microimprese più esposte alla concorrenza internazionale proprio a causa della frammentazione del nostro sistema economico? È facile rispondere che occorre aumentare la competitività ovvero la capacità delle imprese di collocarsi efficacemente sul mercato con il fine di rispondere in modo soddisfacente alle esigenze dei consumatori e guadagnandosene le preferenze. Più difficile è tradurre il tutto in fatti concreti.
A tale proposito una possibilità di cambiamento è offerta dalle “reti di imprese”, strumento giuridico-economico di cooperazione tra soggetti economici, le cui relazioni si fondano su un sistema tanto di accordi informali (fiduciari), quanto formali (basate su contratti); sistema teso al rafforzamento della collaborazione di filiera, della crescita dimensionale e competitiva delle Pmi, della promozione di economie di scala, della facilitazione per accedere al credito e per la produzione d’investimenti in innovazione e internazionalizzazione.
Reti d’imprese che attraverso reciproci impegni di cooperazione realizzano in maniera consapevole un coordinamento in campo produttivo utilizzando gli aspetti di complementarietà tecnica ed economica delle singole gestioni con lo scopo di conseguire obiettivi economici congiunti dai quali ottenere indirettamente vantaggi individuali. Attraverso la rete (riconosciuta dal legislatore ad iniziare dal D.L. n. 5/2009) si attua la collaborazione tra le parti nei settori attinenti all’esercizio delle proprie imprese, lo scambio di informazioni o di prestazioni di qualsiasi natura e l’esercizio in comune tra i soggetti interessati di una o più attività rientranti nell’oggetto sociale delle rispettive imprese. Il contratto di rete consente di accrescere la dimensione organizzativa delle imprese in modo da potere affrontare meglio le insidie del mercato, di ampliare l’offerta, di ripartire i costi di transazione, di accedere ai finanziamenti, di godere delle specifiche agevolazioni fiscali e per le «reti soggetto» di partecipare alle gare per l’affidamento dei contratti pubblici; di impiegare l’istituto del distacco del personale tra le imprese partecipanti alla rete, di servirsi dell’istituto della codatorialità del personale dipendente secondo le regole scritte nel contratto di rete. Quello delle reti tra imprese è un percorso utile, ovviamente non risolutivo dei problemi economici, ma rappresenta certamente uno dei percorsi possibili ed efficaci per integrare le competenze delle singole realtà imprenditoriali e conseguire performance economiche difficilmente raggiungibili in modo autonomo.
Luigino Sergio è professore a contratto di Reti, Sistemi e Filiere Turistiche all’Università del Salento
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