Negli ultimi giorni, una riflessione mi ha spinto a considerare con attenzione la risposta del sottosegretario Freni in merito all’impossibilità di reintrodurre la remissione in bonis, a causa di mancanza di risorse e tempo.
Pur comprendendo le motivazioni logiche e le pressioni economiche che potrebbero giustificare tale scelta, mi preoccupa seriamente l’impatto che questa decisione può avere sui contribuenti, in particolare nella gestione degli errori fiscali. La remissione in bonis non serve solo a correggere errori formali, come una semplice dimenticanza nella comunicazione, ma rappresenta uno strumento essenziale per rimediare anche errori di natura sostanziale che potrebbero avere conseguenze finanziarie significative.
Pensiamo, ad esempio, a una comunicazione che avrebbe dovuto essere inviata da un privato, ma è stata erroneamente inviata dal condominio, oppure al caso in cui un codice fiscale sia stato riportato in modo sbagliato, magari invertendo i beneficiari. Sono situazioni reali e concrete, che possono capitare anche in contesti di particolare fretta o disattenzione, e che ho avuto modo di osservare direttamente nella mia attività professionale.
Un caso concreto che mi viene in mente è quello di un mio cliente che, se avesse potuto beneficiare della remissione in bonis, avrebbe potuto correggere un errore e, di conseguenza, evitare una penalizzazione fiscale eccessiva, riducendo anche il credito d’imposta spettante. Questo esempio dimostra come la remissione in bonis non sia solo uno strumento per correggere semplici errori formali, ma un vero e proprio meccanismo per garantire l’equità fiscale, permettendo di rimediare a errori che potrebbero altrimenti penalizzare in modo ingiusto i contribuenti.
Un altro aspetto che desta preoccupazione riguarda le annualità future. Il sottosegretario Freni ha sottolineato che l’annualità 2024 sarebbe utilizzabile entro il 31 dicembre, quasi a suggerire che la reintroduzione della remissione in bonis non sia più necessaria in questa fase. Tuttavia, questo ragionamento lascia aperte importanti domande: cosa accade alle annualità successive? Se un contribuente ha commesso un errore nella comunicazione trasmessa entro la scadenza di aprile 2024, e non ha la possibilità di correggerlo, perderà l’intero credito d’imposta, non solo per quell’anno, ma anche per le annualità future?
Se l’interpretazione della risposta di Freni fosse corretta, si rischia che l’impossibilità di correggere un errore nel 2024 possa pregiudicare la possibilità di compensare anche le annualità successive. Un rischio notevole che potrebbe portare a gravi perdite per i contribuenti. È importante comprendere che questa rigidità non tutela né il sistema fiscale né i contribuenti, ma anzi può portare a conseguenze disastrose in termini di perdita di benefici fiscali legittimi.
La possibilità di introdurre la remissione in bonis non servirebbe solo a recuperare l’annualità 2024, ma rappresenterebbe una tutela per i contribuenti anche per gli anni a venire, evitando che errori formali possano compromettere benefici fiscali legittimamente spettanti. In alcuni casi, potrebbe persino essere considerata conveniente per i contribuenti la perdita dell’annualità 2024 se fossero sicuri di poter recuperare le annualità future.
Ma, senza la remissione in bonis e senza una prospettiva chiara, si corre il rischio di compromettere anni di crediti futuri, generando incertezze e ulteriori difficoltà. Invito dunque tutti coloro che operano nel settore fiscale e giuridico, nonché i decisori politici, a riflettere attentamente su questi aspetti. Non possiamo permettere che errori di comunicazione vanifichino completamente il diritto dei contribuenti a beneficiare di crediti fiscali legittimamente spettanti, compromettendo non solo il presente, ma anche il loro futuro fiscale.