Leggendo le articolate riflessioni sul reddito di cittadinanza del professor Tovino, pubblicate nei giorni scorsi sulle colonne dell’Edicola del Sud, vi sono degli importanti spunti di riflessione. Il vero problema che si nasconde dietro alle polemiche sul Rdc non sono tanto le truffe, sicuramente da contrastare come l’evasione fiscale e la corruzione, ma la carenza di politiche sociali e di posti di lavoro. Il recente rapporto della Conferenza Episcopale Italiana, di Alleanza contro la povertà e Caritas ha evidenziato che in Italia ci sono oltre 5 milioni di poveri. Di fronte a questa emergenza nazionale, il Rdc ha rappresentato uno strumento di inclusione sociale che ha messo a nudo la drammatica situazione della povertà in Italia.
Allo stesso tempo, però, la misura ha permesso anche di comprendere la complessità e le inefficienze delle politiche attive del lavoro nel nostro Paese, di competenza esclusiva delle Regioni, che avevano il compito di stabilire gli indirizzi formativi e nominare i responsabili delle diverse agenzie, favorendo l’incontro della domanda e dell’offerta di lavoro. Altresì si dovrebbe fare un’analisi approfondita delle caratteristiche dei percettori abili al lavoro. In taluni casi, trattasi di persone poco istruite, con basso livello di competenza e scarsa professionalità. Persone a cui, innanzitutto, serve una specifica formazione che li renda non solo idonei al lavoro, ma anche capaci di lavorare. È questo l’aspetto critico da superare, dove le Regioni, in qualità di responsabili delle politiche attive e della formazione professionale, hanno fallito.
Dal 2019 ad oggi le Regioni, 14 delle quali governate proprio dal centrodestra, hanno assunto solo un terzo dei nuovi operatori e speso il 30% del miliardo di euro già stanziato.
Si è arrivati anche a mistificare la realtà, ovvero che il RdC non ha creato posti di lavoro, come se la misura fosse in grado di produrne autonomamente.
Leggendo i titoloni di taluni mass media votati al sensazionalismo, che estrapolano dal report della Corte dei Conti il dato relativo all’assunzione di soli 536 percettori del RdC, con riferimento al biennio 2019/2020, occorre rimarcarne la modesta attendibilità, poiché il dato è condizionato dalla pandemia. A ciò occorre anche aggiungere i disoccupati assunti e i cassaintegrati o beneficiari della Naspi, che pur portando in dote agevolazioni fiscali, risultano essere stati assunti.
Occorre ribadire che questa misura è nata principalmente come strumento di protezione sociale per sostenere gli inabili al lavoro, che sono oltre i due terzi del totale, e chi temporaneamente non ha un lavoro o lo ha perso e si trova senza un reddito per sopravvivere.
Il MoVimento Cinque Stelle si batterà affinché’ non venga cancellato il Reddito di Cittadinanza e venga introdotta, come ulteriore importante misura di sostegno al lavoro precario, anche il salario minimo. Ci impegneremo con forza per ridurre il disagio di coloro che vivono sulla propria pelle le diseguaglianze sociali, salariali e territoriali.
Mario Turco è senatore del Movimento 5 stelle