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Quella sindrome della tartaruga che blocca l’azione e teme i giudizi

Molte persone vivono la tendenza al perfezionismo, conosciuto anche come “sindrome della tartaruga”. Esso è, spesso, associato all’ambizione di ottenere risultati di elevata qualità e successo, e può portare in un vortice mentale che rallenta e, potenzialmente blocca la crescita personale e professionale. Il più delle volte, questa sindrome, mossa dal desiderio di essere perfetti, determina una paura paralizzante di non riuscire ad esserlo, impedendo di agire. Ovviamente, questo vortice influisce negativamente sulle attività quotidiane attraverso una sorta di circolo ossessivo.

La Sindrome della Tartaruga si verifica quando il desiderio di fare le cose perfette diventa così pervasivo da provocare ripensamenti, lentezza, procrastinazione e un senso di inadeguatezza. Questa condizione porta le persone ad agire con estrema cautela o a non iniziare proprio una qualsiasi attività o azione, bloccandosi del tutto, temendo il fallimento o il giudizio altrui. In questa accezione , il perfezionismo, non è più uno stimolo verso il miglioramento, ma un’azione frenante per la crescita che limita le possibilità di raggiungere obiettivi importanti.

Il perfezionismo crea un vortice di ansia e profonda insicurezza. La convinzione che tutto debba essere eseguito alla perfezione rende difficile iniziare un progetto o portarlo a termine. Il perfezionista si trova spesso a rivedere i dettagli all’infinito, a ricontrollare i particolari, senza mai sentirsi completamente soddisfatto del risultato di una perfezione che, in realtà, non esiste. Questo atteggiamento lo porta a procastinare per la paura di non essere all’altezza del compito o, talvolta, porta all’evitamento di svolgere un compito che, non avendo garanzie di perfezione, è meglio evitare di svolgerlo.

Ad ogni modo, il soggetto si mostra molto severo con sé stesso, agendo una sorta di autocritica distruttiva, in cui ogni “normale” errore, viene amplificato e vissuto come una incapacità in cui il soggetto non si sente abbastanza bravo. Come ogni comportamento esasperato, che condiziona negativamente la quotidianità, anche il perfezionismo richiede un percorso di crescita e superamento dell’approccio mentale al problema, insieme ad un auspicabile cambio di angolazione. Il punto di partenza è la consapevolezza e l’accettazione dell’incertezza, insieme alla rinuncia al controllo, che è alla base del perfezionismo. L’imperfezione e la possibilità di sbagliare fanno parte della vita e richiedono un adeguamento all’incertezza. È importante che il soggetto si ponga obiettivi realistici e raggiungibili, gestibili e alla sua portata, in modo da alleviare lo stress e la pressione che la tendenza al compito perfetto naturalmente induce. Ci si può concedere di essere imperfetti e ci si può dare il permesso di sbagliare.

Altro aspetto e importante indicazione è quella del pensiero positivo per cui “è importante svolgere il compito con tutto quello che si può”, il concetto di impegno, senza che il compito sia perfetto, quasi come partecipare ad una gara, senza necessariamente vincere. Sin da bambini è importante che sia insegnato “a provarci”, anche senza riuscirci e anche in condizioni di profonda paura e insicurezza, bisogna provarci a svolgere un compito, per dare la conferma a sé stessi che “ce la si può fare”. Questo vuol dire praticare anche l’autocompassione, ossia trattarsi con gentilezza e comprensione. Questo approccio tende a ridurre l’autocritica e i livelli di ansia.

Rispetto alla tendenza alla procastinazione è importante che il soggetto agisca subito, nel “qui e ora”, seppur in modo imperfetto, senza indugiare e rimandare.

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