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Quel welfare “eterno” che va difeso

Sarà pure sfilacciata, lacerata, dilaniata. Ma la famiglia è e resta il porto sicuro di chiunque. E dove, se non in famiglia, si trova un rimedio alla disoccupazione, all’emergenza abitativa, alla necessità di assistenza, alla povertà dilagante e alle disuguaglianze sociali? Non a caso la Costituzione, all’articolo 29, la definisce come “cardine della società”.

Eppure, al giorno d’oggi, la famiglia è oggetto dell’indifferenza degli uni e degli attacchi degli altri. Come se, storicamente, fosse esistito soltanto il familismo amorale teorizzato da Banfield, quello che spinge ad agire nell’interesse non della comunità ma del proprio gruppo ristretto, e non anche un articolato welfare familiare capace di garantire cure agli anziani, sostegno agli adulti e assistenza ai bambini.

E proprio la vertiginosa impennata delle tariffe dei campi estivi per i più piccoli dimostra l’importanza affettiva e sociale, oltre che il valore economico, delle “prestazioni” rese in ambito familiare. Mi spiego meglio: quanti di noi, una volta terminata la scuola, hanno trascorso le estati in quella avvolgente rete fatta di nonni, zii e cugini? Molti, non c’è dubbio.

Chi su quella rete non può contare è costretto a rivolgersi a strutture specializzate che offrono assistenza a bambini e famiglie a cifre spesso inaccessibili. La disponibilità di questi servizi, però, non deve far perdere di vista il ruolo fondamentale della famiglia. E la necessità di sostenere quello che, piaccia o meno, si conferma un rifugio (anzi, “il” rifugio) per chiunque viva qualsiasi forma di disagio.

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