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Quei sindaci bocciati dai sondaggi

Che attendibilità hanno le rilevazioni demoscopiche? Rappresentano un metro legittimo per valutare l’operato di personalità politiche? Se la prova maestra resta quando si rovescia l’urna e si contano le schede, sappiamo anche che esistono sondaggi che per tematica, e non solo metodologia, risultato assolutamente affidabili. Nel caso si è trattato di interviste e questionari su un numero limitato, ma non irrisorio, di intervistati segmentati per caratteristiche e la società dei sondaggi ha denunciato un margine di errore limitato, che consente riflessioni non campate in aria.

In ogni caso i sondaggi producono effetti reali, secondo il gioco delle percezioni e delle aspettative, e così è anche per questa “notizia”, perché è stata – complice anche il clima estivo – l’apertura del quotidiano che l’ha commissionato che ci fatto altre due pagine intere.

Che cosa si desume, quindi, da queste rilevazioni? Alcuni dati abbastanza significativi, alcuni attesi e altri no. Tra i dati sorprendenti c’è il gradimento tendenzialmente più ampio dei presidenti di Regione rispetto ai sindaci, con l’eccezione, tra le grandi città, di Gaetano Manfredi, primo cittadino di Napoli ormai da quasi tre anni.

Una novità probabilmente dovuta al trambusto sull’autonomia differenziata che ha sovraesposto, guarda caso, il cappello di lista della classifica: Zaia, Bonaccini e Fedriga, ovvero i tre presidenti di Regione che con più convinzione hanno chiesto maggiori competenze. Sulla stessa scia, e per contrasto, si spiega un buon risultato di Vincenzo De Luca, che con gli alti gradimenti non ha mai avuto dimestichezza, ma che oggi appare il principale oppositore di una linea che, evidentemente, viene vista da Sud come pericolosa per i divari territoriali. Nella stessa linea, probabilmente, si spiega il risultato “identitario” di Manfredi, visto che la fortuna turistica della città sembra aver poco a che fare con la gestione amministrativa (anche se la progettazione strategica va forte).

Sul piano dei sindaci si registra un piccolo appannamento generale, segnalato da tempo anche dalle basse partecipazioni elettorali, che appare più netto al Sud, dove ben pochi sindaci registrano un gradimento alto. Tra le città, quelle di provincia vanno meglio delle metropoli e quelle del Centro-Nord meglio di quelle del Sud. Male Roma, che è sempre di più un caso a sé (ma anche il Lazio non ne esce benissimo). Bene il modello emiliano, con Parma e Ravenna in testa, in linea con la regione.

Cosa concludere? Queste classifiche sono utili spunti. Segnalano, forse, più di performance individuali, ma anche qualche tendenza generale, come abbiamo provato a segnalare. Per esempio che due presidenti popolari siano delle Lega è indice di un partito con un buon radicamento territoriale (al Nord), sempre più stridente con la leadership stantia e romanocentrica di Salvini. Non meraviglia, ancora, che Forza Italia e Fratelli d’Italia non abbiano al momento, per ragioni diverse, una classe dirigente così in vista, perché sono partiti in transizione. Dall’altro lato, sinteticamente, occorre il centrosinistra unito per vincere ma, con le dovute eccezioni, il personale politico più in vista è sempre quello del Pd. Manfredi e Guerra di Parma, entrambi indipendenti, sono rimarchevoli eccezioni.

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