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Quarta mafia, l’ottimo lavoro de “Le Iene” andrebbe aggiornato

Perché rimandare in onda oggi una inchiesta sanguinolenta è vecchia di cinque anni, sulla cosiddetta “Quarta mafia”? Mediaset ultimamente ha deciso di affidare a due dei suoi tre canali, Rete4 e Italia Uno, informazione e approfondimenti della notizia. Questa volta nel mirino de “Le Iene”, è tornata inesorabilmente l’inchiesta sulla criminalità foggiana. L’approfondimento condotto da Giulio Golia si chiama “Inside”, e tratta di volta in volta un argomento specifico seguito durante la stagione televisiva dal programma Le Iene e poi rimpastato in un’unica somministrazione con la conduzione in studio. Lavoro giornalisticamente lodevole se non fosse che le cose sono vecchie di anni.

Da quel 2020, in cui fu girata l’inchiesta, di cose, fortunatamente, né sono cambiate. Oggi Foggia e la sua provincia, non saranno il paese di Bengodi, ma sicuramente non sono neppure la Chicago degli anni venti, come venuto fuori dalla trasmissione mandata in onda per l’ennesima volta, prima a spezzoni, e poi intera sul canale Mediaset. Interviste vecchie, fattacci vecchi e immagini datate di un problema affrontato e in buona parte risolto. Per esempio, l’intervista all’ex procuratore della Repubblica Ludovico Vaccaro, è riconducibile all’inizio o quasi del suo incarico a Foggia, quando la lotta era appena partita e quando Vaccaro organizzò la cosiddetta “Squadra Stato”, mettendo a circolo Procura, Forze dell’ordine e Prefettura, per sconfiggere una criminalità che negli anni si era organizzata tranquillamente nei territori, perché presa sottogamba sia dalla politica che dalla Giustizia.

Nel frattempo però tante cose sono accadute: il consiglio comunale di Foggia è stato sciolto per infiltrazioni mafiose, (e non è l’unico) con un processo ancora in atto, e le “teste coronate” della Quarta mafia sono state tagliate.

Perché, Vaccaro, da pochi giorni procuratore generale della Corte d’Appello di Lecce, non è stato intervistato oggi a chiusura del suo settennato foggiano?

Circa 10 giorni fa l’ex Procuratore di Foggia, ha tenuto un incontro con i giornalisti per salutare e per fare il punto della situazione. Una lunga chiacchierata in cui l’ex procuratore della Repubblica di Foggia, ha sottolineato più volte il suo ottimismo, in quanto l’azione sinergica ha avuto effetti più che positivi sia nella lotta alla mafia, che nella maggiore partecipazione da parte dei cittadini nella volontà di voler sconfiggere la criminalità organizzata. In un’intervista rilasciataci a fine febbraio, Vaccaro affermava «sono passati tanti anni e, ovviamente, è passata tanta acqua sotto i ponti. Sicuramente le cose sono cambiate: io sono arrivato qui all’indomani del quadruplice omicidio (la strage di San Marco in Lamis nell’agosto del 2017), in uno dei momenti più bui della nostra provincia, durante il quale si percepiva nettamente questa cappa pesante, opprimente, della criminalità».

Insisteva il procuratore Vaccaro «una criminalità fortemente aggressiva, molto violenta, per cui la gente era spaventata. Ci siamo ritrovati qui io, il prefetto Mariani, il colonnello Marco Aquilio e l’allora questore Mario Della Cioppa, anche loro nominati da pochi giorni, e la prima “Squadra Stato” nacque così: dall’esigenza di sentirci vicini, un po’ come su un fronte. Avvertivo forte la responsabilità di dover dare risposte alla comunità ma anche come la difficoltà comune possa unire. Infatti, anche dal punto di vista dei rapporti personali, quei legami sono rimasti forti». Per concludere «da quel momento, è cambiato tutto. Da quella pagina drammatica di cronaca è iniziato un percorso, caratterizzato dall’essere ‘squadra’ con le altre istituzioni dello Stato: e sono iniziate le interdittive antimafia, gli scioglimenti dei Comuni e il lavoro ‘di rete’ con tutte le forze dell’ordine per far sentire anche la sicurezza dei cittadini. È stata “strutturata” una forte collaborazione con la Dda, con un protocollo che è stato fatto per la prima volta a maggio 2018 e rinnovato e perfezionato un anno dopo. Questa trama tessuta negli anni credo sia il segno più importante del cambiamento, della svolta nel contrasto alla criminalità».

Ma Vaccaro è andato oltre: «Foggia non è più quella del 2017 e degli anni successivi delle bombe e delle estorsioni. Certamente oggi la macro-criminalità, la criminalità organizzata, vive un momento di maggiore difficoltà rispetto a prima, dovuto alle tante operazioni messe a segno sul territorio e alle condanne ad esse connesse. Anche la cattura di Olinto Bonalumi, ad esempio, è il segnale di una macchina della giustizia che funziona. Tutto questo, però, dev’essere anche un monito per i ragazzi. Abbiamo un evidente problema di criminalità giovanile sul quale dobbiamo intervenire con decisione, a partire dalle famiglie e dalla scuola. L’educazione e l’esempio sono fondamentali: dobbiamo educare i nostri ragazzi a relazionarsi con l’altro e con la città, che non sono estranei e nemici ma fanno parte della nostra vita e in quanto tali vanno rispettati. Ma a questo va aggiunto un imponente sistema di videosorveglianza che funziona da deterrente per la micro criminalità».

Proprio in questi giorni, sorprendendo tutti, soprattutto gli stessi foggiani, la piattaforma “Unibravo” attraverso uno studio portato avanti da uno staff di psicologi, ha regalato a Foggia una terza posizione insperata fra le migliori città dove vivere il cosiddetto slow living. Un podio raggiunto grazie all’analisi che ha preso in considerazione diversi fattori: spazi verdi disponibili, flessibilità lavorativa, durata media della giornata lavorativa, tempi di pendolarismo, presenza di bar (intesi come luoghi per fare nuove conoscenze o svagarsi con gli amici), ore di luce solare e inquinamento acustico.

Insomma la città risponde. Allora due sono le cose: o a Mediaset è già partita la stagione televisiva estiva in cui bisogna coprire buchi del palinsesto con repliche; oppure Foggia e il suo territorio fantastico, sia per l’offerta turistica che per il potenziale sviluppo green, come sottolineato dal procuratore Vaccaro a Golia, da fastidio a qualcuno.

Tutto questo al netto del fatto che l’occhio attento del giornalismo vegli sempre sulle città a rischio, ma che non siano sempre le stesse città a pagare dazio o che almeno, di tanto in tanto, si faccia, come per i computer, un aggiornamento di programma.

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