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Quale futuro se il prof vomita odio?

È finita, per il momento, con una sospensione e uno stipendio dimezzato, la triste vicenda del professore che ha vomitato odio contro una bambina di nove anni la cui unica colpa era quella di essere figlia di un esponente politico a lui non gradito.

Questa vicenda è estremamente preoccupante e deve far riflettere sul ruolo degli insegnanti, professionisti che dedicano il proprio lavoro ad aiutare i ragazzi a crescere. E li aiutano a crescere attraverso la cultura. Ma a volte quell’impresa è ardua, in quanto lavorano in scuole in cui le finestre non si chiudono bene, dove a volte il riscaldamento non funziona o dove manca la voglia di imparare. E poi capitano quegli studenti per cui la matematica è una nemica e la grammatica una noiosa perdita di tempo. E, in un mondo che grida certezze da discount e dove la realtà si consuma in video su TikTok, gli insegnanti sono testimoni delle incertezze dei ragazzi, dei loro “non posso” e “non ce la faccio”. E chi insegna veramente è in quel mondo che va a cercare i ragazzi, è là che li accoglie con la consapevolezza di poter dare loro una possibilità.

Perché chi insegna non si limita a trasmettere nozioni. Chi insegna accende luci. Perché un professore è un punto di riferimento anche dopo, quando non esiste più la cattedra, quando non ci sono compiti in classe, ma la c’è la vita, e la vita, si sa, è un’altra cosa. E che vita sarà, se tra un’interrogazione e l’altra, quell’insegnante ha fatto trasparire il suo odio, la sua rabbia e la sua acrimonia?

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