Chissà quali parole userebbe Pinuccio Tatarella, il mitico “ministro dell’armonia” a suo tempo capace di tenere insieme la Lega Nord secessionista e un partito a trazione meridionale come Alleanza Nazionale, per descrivere le condizioni in cui la destra pugliese versa attualmente. Probabilmente, conoscendo la sua ironia, intonerebbe un “De profundis”.
Già, perché, nella terra che diede i natali a un genio della politica come Tatarella, la destra non dà segni di vita. E a fornire il “certificato di morte” è ciò che avviene a Bari e dintorni.
A un anno dalle elezioni nel capoluogo e a due dalle regionali, nessun esponente dell’area ex missina o conservatrice ha aperto uno straccio di dibattito su nomi e programmi, come se quelli che si riconoscono in una certa tradizione politica dovessero rassegnarsi all’idea del voto come di una partita interna al centrosinistra. Nessuno interviene sull’ambizione del terzo mandato coltivata tanto dal governatore Michele Emiliano quanto dal sindaco barese Antonio Decaro. E nessuno si sente in dovere di opporsi a una sinistra che allunga la legislatura regionale a proprio piacimento o concede investiture a mezzo stampa.
Nessuno, se non qualche sparuta voce fuori dal coro, mette in risalto le evidenti contraddizioni di una città come Bari, dove l’amministrazione comunale incarna perfettamente lo stereotipo della “sinistra della ztl”, quella che imbelletta via Sparano salvo poi abbandonare quartieri periferici come Palese, Santo Spirito, San Paolo e San Pio a un destino fatto di mortificazione e degrado.
Nessuno, infine, esce dalla contraddizione in cui il dibattito sull’autonomia differenziata ha fatto piombare molte personalità di destra, chiarendo un concetto fondamentale: il ddl Calderoli non può collimare con la tradizione politica di destra, per la quale il Mezzogiorno è una questione nazionale e il “sistema Italia” funziona soltanto se Nord e Sud marciano insieme. L’ha fatto, per la verità, soltanto l’ex ministra Adriana Poli Bortone in un’intervista al nostro giornale: per il resto, non c’è nessuno che osi “sfidare” Emiliano e l’economista Gianfranco Viesti in una terra che ormai è diventata capitale italiana dell’anti-autonomismo.
Possibile che gli unici segnali di vita della destra pugliese coincidano con iniziative nostalgiche come quella del sindaco di Gioia del Colle che ha deciso di intitolare una strada all’ex segretario missino Giorgio Almirante? No, la destra non può “guardare nello specchietto retrovisore”, come Gianfranco Fini ebbe a dire qualche anno fa. Forse è giunto il momento di recuperare quella “nostalgia del futuro” che infiammò tanti cuori negli anni Settanta. E che oggi molti politici e intellettuali di destra, qui in Puglia, sembrano aver colpevolmente dimenticato.