Sarà dunque disfida tra le Regioni davanti alla Corte costituzionale sulla legge Calderoli, che consente di chiedere nuove competenze legislative allo Stato mediante intese con il Governo. La Corte si occuperà della legge in due occasioni e in due contesti diversi. In un caso per pronunciarsi sull’ammissibilità dei due quesiti referendari su cui sono state raccolte le firme dei cittadini e le deliberazioni di u numero sufficiente di Consigli regionali. La Corte dovrà decidere se i referendum si potranno tenere o no, rispetto alle previsioni costituzionali che pongono dei limiti di tipo materiale. Nell’altro caso, la Corte si pronuncerà per giudicare la legittimità costituzionale della legge, cioè la sua conformità a Costituzione, e lo farà – novità di queste ore – dovendo ascoltare le ragioni di chi è favorevole alla legge e ritiene che non vi siano vizi di legittimità.
Dalle colonne di questo giornale eravamo stati tra i primi a meravigliarci dell’inerzia delle Regioni sul piano dell’impugnativa, semplice e lineare, mentre apparivano iperattive sul piano dei referendum. Ne comprendevamo i motivi politici ma anche sul piano di una linea di opposizione al Governo era poco comprensibile rinunciare all’impugnativa. Per quanto ci riguarda abbiamo sollecitato tale via in più occasioni e per amor di Costituzione, indicando anche alcuni dei possibili motivi. Alla fine, prima la Puglia e poi la Sardegna hanno deciso anche di impugnare la legge, come consente la Costituzione entro un lasso di tempo limitato e che si sta per esaurire. Si dovrebbe aggiungere la Toscana ad horas, ma cambia poco. La novità di queste ore non irrilevante, dicevamo, è che Lombardia e Veneto hanno deciso di resistere ai ricorsi, costituendosi in giudizio.
Il giudizio di legittimità costituzionale era la via maestra. Intanto perché la Corte si pronuncerà prima per questa via, che richiede poco tempo, e, nel caso decidesse per un’illegittimità di alcuni profili della legge, il referendum potrebbe venire meno qualora i quesiti fossero superati dall’accertamento di vizi sui medesimi profili. Secondo, perché nel caso in cui la Corte non giudicasse illegittima la legge, il referendum, come è giusto, rappresenterà la componente politica della questione del regionalismo differenziato, cioè l’opportunità di procedere su questa via, ma il campo sarà stato liberata dall’aspetto relativo a possibili vizi della legge, che è su un piano logico preliminare.
La situazione è stimolante e le Regioni avranno difese di alto livello. Le disposizioni impugnate sono le più diverse. È davvero opportuno, prima di inoltrarci nell’eventuale bolgia della campagna referendaria, che ci sia un confronto di argomenti giuridici su cui la Corte si dovrà pronunciare. Anche una eventuale infondatezza della questione (ad avviso di chi scrive, improbabile) potrebbe dare elementi di analisi autorevoli per provenienza e utilizzabili dalle due parti nella successiva ed eventuale campagna referendario. L’autunno si prospetta molto caldo, tra una riforma costituzionale che stenta al varo e la via stretta che deve affrontare la legge Calderoli. Vedremo.
Bentornato,
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