Secondo la Corte dei Conti, al 30 settembre 2024, sono stati spesi appena il 30% dei fondi totali previsti dal Pnrr, meno di 60 miliardi di euro. Nel 79% dei casi per i progetti già avviati la spesa finora sostenuta è inferiore al 25%. Molti obiettivi sono stati posticipati al biennio 2025-2026 che si annuncia, quindi, come quello decisivo. Tra le misure con il tasso di avanzamento più alto si registrano quelle dedicate a infrastrutture e mobilità, digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e transizione ecologica (68%).
In quasi tutti i casi, invece, la rendicontazione delle spese si trova ancora in una fase iniziale, con appena 5 mila progetti conclusi. Serve, quindi, un’accelerazione importante per il cambio di passo finale. Fin qui i numeri e le statistiche che dicono tanto, ma non tutto. Il Pnrr ha finora evidenziato le già note inefficienze del sistema e le difficoltà soprattutto di alcuni territori: procedure complesse, progettazioni superficiali, carenza di personale qualificato, tempi lunghi per bandi e cantieri.
Annunciato come una sfida epocale e un’occasione storica, la sensazione più diffusa è di essere ancora lontani dalla radicale trasformazione della sanità, della scuola, della rete idrica, delle infrastrutture fisiche e digitali che tutto il nostro Paese si aspettava. È su questo terreno che si misurerà nei prossimi anni il vero impatto del Pnrr. Non quanti soldi sono stati spesi, ma come: quali interventi sono stati funzionali, quante inefficienze sono state risolte, quanti divari sono stati colmati o almeno accorciati. L’obiettivo non è solo rendicontare, ma generare cambiamenti positivi.
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