Produttività, l’obiettivo per il Paese

È bastato che l’Ocse pubblicasse i dati sul reddito reale disponibile delle famiglie italiane perché la presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni, la titolare del Lavoro Marina Calderone e ben 21 (ventuno, sic!) parlamentari di Fratelli d’Italia cominciassero a celebrare, per dirla con Giacomo Leopardi, “le magnifiche sorti e progressive” del Paese.

Prendendo in prestito le parole di un altro illustre esponente della letteratura di casa nostra, cioè Alessandro Manzoni, viene da chiedersi: quella di cui si ammanta il governo “fu vera gloria?”. “L’ardua sentenza” va affidata alle future scelte dell’esecutivo in materia di tecnologie, demografia e produttività.

Secondo l’Ocse, nei primi tre mesi del 2024 il reddito reale disponibile degli italiani è cresciuto del 3,4%, cioè più della metà di quanto non sia cresciuto nei Paesi aderenti alla stessa organizzazione (+0,9) o in quelli che fanno parte del G7 (+0,5).

I numeri certificano un significativo recupero del potere d’acquisto delle famiglie, visto che i salari reali aumentano più dell’inflazione.

Perciò la soddisfazione di Meloni non meraviglia. Trionfalismo comprensibile, ma una lettura più attenta dovrebbe suggerire alla premier un profilo più basso, come sostenuto da Antonio Misiani del Pd. Se si allarga l’orizzonte temporale a tutto il periodo di governo del centrodestra, la crescita dei redditi degli italiani è dell’1,8%, dunque inferiore a quella nei Paesi dell’Ocse (+2,8) e di quelli del G7 (+1,9). E, più in generale, il livello del reddito reale è nettamente inferiore ai livelli del 2007. Da quell’anno al 2015, infatti, si sono persi 11,5 punti; dal 2016 al 2020 e dal 2020 al 2024 sono stati recuperati rispettivamente 3,4 e 3,3 punti, ma resta il fatto che al momento il reddito reale degli italiani è più basso di 5,4 punti rispetto al 2007. Ecco perché bisogna analizzare i numeri e individuare una strategia per far sì che i redditi degli italiani, a cominciare da quelli del Sud, aumentino stabilmente e in misura considerevole.

La prima cosa da fare è capire esattamente cosa sia successo. Riccardo Trezzi l’ha spiegato efficacemente sulle pagine de “Il Foglio”: i redditi hanno retto l’urto dell’inflazione prima perché sono aumentati i contratti individuali di lavoro e poi perché i contratti collettivi sono stati rinnovati. Ciò vale a smontare sia la narrazione trionfalistica di Meloni sia le critiche del Pd. Soprattutto, però, le osservazioni di Trezzi ricordano quanto, per far aumentare la ricchezza delle famiglie, sia necessario cambiare la specializzazione produttiva del Paese, adottare tecnologie più efficienti e incrementare la produttività delle aziende. Il che significa riportare questi temi al centro dell’agenda politica di governo. Altrimenti continueremo a contrabbandare la minima ripresa dei salari rispetto all’inflazione come un successo di politica economica.

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