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Processi riabilitativi di persone recluse e il ruolo esercitato dai volontari

Un anniversario e una riflessione. Il decimo anno da assistente volontario in carcere, ex art. 78 dell’Ordinamento penitenziario, ha segnato particolarmente lo stato emotivo dello scrivente, il quale è risultato arricchito dall’esperienza vissuta a livello umano, rinforzando la propria propensione verso l’aiuto e verso la collaborazione.

Difatti, il rendersi disponibile, senza termini e condizioni, rende il proprio essere una risorsa che si pone al servizio della collettività, cercando di lenire la sofferenza della emarginazione e della discriminazione, in soverchio ossequio a quanto statuito dall’art. 3 della Costituzione.

Frequentare periodicamente un Istituto di Pena, sia come assistente volontario, sia come rappresentate di una Istituzione Scolastica legata da Patto di Comunità con il precitato, consente di divenire protagonista del processo riabilitativo dei soggetti reclusi. Nel corso degli anni, con la collaborazione dell’Area Trattamentale, della Polizia Penitenziaria e sotto la vigile egida della Direzione, sono state realizzate diverse attività socio-ricreative, che ha visto protagonista attiva la popolazione detenuta, sempre partecipe alle medesime iniziative, con entusiasmo e impagabile coinvolgimento. Tutte attività che, a parer dello scrivente, hanno sortito un effetto positivo all’interno del regolare svolgimento della vita comunitaria dell’Istituto di Pena, quest’ultimo rivelatosi Istituto impegnato e laborioso nelle attività di vigilanza e redenzione, proprio all’insegna dei principi statuiti dal Santo Protettore Basilide.

Come dimenticare poi i momenti di condivisione e socialità in carcere nei periodi natalizi e nei periodi Pasquali, ovvero quei particolari momenti in cui la detenzione diviene oltremodo opprimente, considerata la lontananza coatta dai propri cari. La pena è la conseguenza in danno che uno Stato civile ed emancipato riconnette ad una condotta criminosa, a scopo repressivo e riabilitativo. In tale periodo il peso della restrizione dovrebbe indurre una sana riflessione, al fine di considerare un nuovo approccio di vita, nel momento in cui si è riammessi in libertà.

Tra i compiti dei volontari vi è, senza dubbio alcuno, anche il supporto e lo stimolo a realizzare una sana introspezione che, se efficacemente compiuta, porta alla piena liberazione, non solo fisica ma, soprattutto, mentale, riproponendosi nell’intorno sociale con spirito rinnovato.

D’altronde il senso dell’art. 27 della Costituzione è proprio questo, tendere, attraverso le pene, alla rieducazione del reo. Tale processo si realizza solo se strategicamente ben strutturato e supportato, altrimenti resterebbe solo la mera declamazione verbale.

Tra i momenti apicali vissuti in questi anni, è stata la partita di calcio, disputata grazie all’’associazione bambini senza sbarre, tra ristretti padri e ristretti non padri, alla presenza dei familiari. Emozionante è stato vedere gli abbracci tra padri e figli e la gioia di quest’ultimi. In questi frangenti, si percepisce come un macigno, al presenza dei cosiddetti ‘Colpevoli di innocenza’, ovvero quei figli che si vedono privare di figure genitoriali di riferimento, per cause e responsabilità a loro non attribuibili. E a volte il disagio sfocia nel disagio, provocando squilibrio sociale.

(continua)

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