Il paniere registra oggi voci di spesa tutte ritoccate all’insù a causa dell’inflazione andata fuori controllo per alcuni mesi.
Per poterla frenare, la politica adottata dalla Banca centrale europea (Bce) è stata quella di alzare i tassi d’interesse al fine di provocare un rallentamento dell’economia: si compra di meno e si investe di meno. Si riducono i consumi e calano gli investimenti. Se la domanda diminuisce anche l’offerta è destinata a contrarsi. Ma gli effetti si potranno vedere nelle prossime settimane. Intanto però non si arrestano gli incrementi sostenuti anche dal caro carburante. La Puglia risulta, infatti, tra le regioni dove fare rifornimento all’auto costa di più. Occorrerebbe intervenire anche sulle accise e sul prezzo alla pompa applicato agli autotrasportatori e più in generale agli automobilisti per poter calmierare i prezzi. Se non si abbassa il costo del gasolio non sarà possibile assistere a una vera riduzione dei prezzi che possa portare, almeno nel prossimo autunno, ai risultati sperati. Altrimenti l’Italia sarà un Paese che cresce per prodotto interno lordo (pil), ma contemporaneamente si impoverirà. Sembrerebbe una contraddizione ma è proprio quello che sta accadendo e, in questo contesto, la Puglia non fa eccezione. Da luglio 2022, quando la Bce annunciò il primo rialzo, i tassi di interesse sono stati aumentati di 425 punti base, con una velocità mai vista dall’introduzione dell’euro, raggiungendo così il livello più alto.
Il tasso Bce è fissato al 4,25 per cento a decorrere dal 2 agosto scorso e per trovare lo stesso tasso bisogna risalire addirittura al 9 luglio 2008, alcuni mesi prima della temuta bancarotta della società “Lehman Brothers” attiva nei servizi finanziari a livello globale. Fallì per l’eccessivo utilizzo di strumenti speculativi che in poche settimane, oltre ad azzerare il patrimonio della banca, travolse tutto il sistema finanziario mondiale. L’origine del male sta proprio nella speculazione. Una speculazione che non ha ancora fatto i conti con le conseguenze di una corsa al rialzo dei prezzi che porterà alla rottura dell’equilibrio che regola i mercati. Dalla pubblicazione compulsiva di scontrini a scopo di denuncia ai parallelismi con l’Albania, l’ingordigia affaristica di bar, ristoranti e lidi balneari è destinata a fallire. Serviranno i dati ufficiali, le elaborazioni statistiche e le analisi di mercato per confermare questa proiezione. Quel che è certo però è che la speculazione oltre ogni limite produce effetti perversi soprattutto per chi oggi l’ha cavalcata. Speculare significa provare a guadagnare sulla differenza tra prezzo di acquisto e di vendita. Più questa differenza è ampia, più le oscillazioni dei prezzi sono veloci, più questa possibilità cresce. In un periodo di instabilità, ecco che i prezzi variano di molto e molto velocemente. Da un lato, più i prezzi sono in balia dell’incertezza, più si può guadagnare speculando. Dall’altro, la stessa speculazione genera instabilità sui prezzi. I due effetti si auto-alimentano, attirando nuovi speculatori e portando a un’ulteriore instabilità. Le conseguenze non sono unicamente nell’instabilità dei prezzi. Ancora prima, la speculazione innesca un aumento artificiale della domanda che spinge a un rialzo generalizzato dei prezzi rispetto a quello che si dovrebbe avere. Via via si alimentano così spirali sempre più rischiose.
Davide Stasi – Responsabile Osservatorio economico “Aforisma”
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