L’Italia è conosciuta per la sua ricca storia, cultura e patrimonio artistico, ma negli ultimi decenni ha dovuto affrontare una sfida economica di proporzioni notevoli: il debito pubblico. Il debito pubblico italiano è uno dei più alti al mondo in rapporto al pil ed è stato oggetto di numerose discussioni e preoccupazioni.
Ogni cittadino italiano è in parte debitore, compreso chi ancora deve nascere. Ma cosa c’entrano i neonati con questa complessa questione finanziaria? In realtà, il legame tra il debito pubblico e le nascite è più intricato di quanto si possa pensare.
Da un lato, ogni nuovo nato in Italia è un contribuente dello Stato e deve partecipare alla spesa pubblica in base alla propria capacità contributiva. Lo dice la nostra Costituzione. Ovvio, appena nato, un bambino ha tutt’altre capacità rispetto a quella di generare reddito imponibile da cui prelevare le tasse, ma appena viene alla luce acquisisce una piccola parte del debito pubblico italiano. Questo perché il debito pubblico rappresenta l’accumulo di tutti gli impegni finanziari passati che il Governo italiano deve onorare, inclusi i finanziamenti ottenuti attraverso l’emissione di titoli di Stato e prestiti.
Di fatti, nel corso degli anni lo Stato italiano si è indebitato per finanziare le sue attività, dai servizi pubblici alla difesa nazionale. Ogni nuovo nato eredita una quota di questo debito che dovrà essere ripagato o gestito in futuro. Ma quando un bambino nasce diventa anche un futuro contribuente e il Governo potrà trarre profitto da questo attraverso le imposte che il piccolo e la sua carriera potranno generare. Un bambino che nasce concorre ad aumentare il debito della propria famiglia, ma più bambini nascono e più la piccola parte di debito pubblico che si accollano diventa più piccola. Tuttavia, c’è un altro lato della medaglia da considerare. Ogni nuovo nato non è solo un futuro contribuente, ma anche un potenziale produttore e consumatore nell’economia italiana.
Un bambino che nasce è un nuovo membro della società che ha il potenziale per contribuire all’economia, alla forza lavoro e al sistema previdenziale migliorando il pil e creando, quindi, una base economica più solida per il paese nel suo complesso. Un aumento della popolazione comporta un aumento della domanda di beni e servizi, stimolando così l’attività economica. La chiave per capire come questi due aspetti si intrecciano sta nella crescita economica. Quando la crescita economica supera il tasso di accumulo del debito pubblico, il debito in proporzione al pil diminuisce. Ecco dove entra in gioco il fattore demografico: una maggiore natalità può contribuire a una crescita economica sostenibile.
Più bambini nascono, crescono e diventano contribuenti, più l’economia può espandersi, riducendo così il rapporto debito/pil. Quando il numero di nuovi nati supera il numero di cittadini che lasciano il Paese o che invecchiano e escono dalla forza lavoro, si crea un effetto positivo sull’economia. Una bassa natalità può portare a una forza lavoro in declino, meno contribuenti ai sistemi previdenziali e meno consumatori, il che potrebbe mettere ulteriormente sotto pressione il debito pubblico stesso. Il legame tra natalità e sostenibilità economica ci dimostra che la crescita demografica è una risorsa preziosa. È necessario investire nelle generazioni future attraverso politiche di sostegno alle famiglie e attraverso una gestione prudente del debito pubblico, in modo che questo non diventi un onere insostenibile per le generazioni future. Ciò significherebbe ipotecare il futuro dei nostri figli e dei figli dei nostri figli. Non ce lo possiamo permettere.
Vincenzo Castellano – segretario di Italia del Meridione
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