Una delle lezioni di educazione civica nella scuola secondaria che maggiormente ricordo, per la passione con la quale la affrontammo, fu “la questione meridionale”. Sono passati circa 40 anni e la fotografica che ci propone lo Svimez racconta di scenari e divari immutati. Il divario esiste eccome e, se vogliamo, si sta notevolmente accentuando rispetto il panorama economico nazionale ed europeo. Mi piacerebbe soffermarmi sul significato di alcuni indicatori.
Dal 2008 il divario tra Centro-Nord e Centro Sud è aumentato, progressivamente, di 7 e di ben 18 punti rispetto la media EU27, sebbene ci sia stato un pino recupero degli effetti pandemici. In termini produttivi, il settore industriale contribuisce alla crescita in maniera molto ridotta, meno della metà, rispetto al Centro-Nord con prospettive che non sono, nel lungo periodo, assolutamente confortanti. Ma gli elementi che più mi preoccupano sono, da un lato, il crollo del potere di acquisto dei lavoratori dipendenti (-8,4% rispetto pre-Covid) legato, probabilmente, alla riduzione delle retribuzioni (-12%), ma dall’altro lato l’incremento progressivo che negli anni si osserva in termini di migrazione di laureti Stem oltre che di diplomati, che ha raggiunto la quota del 33% del numero di laureati in competenze scientifiche e tecnologiche formatosi nelle università del meridione, triplicandosi in soli 20 anni.
I numeri e le loro dinamiche ci dicono che il Mezzogiorno d’Italia sta perdendo peso nell’economia italiana ed europea ma, elemento che è ancor più preoccupante, sta perdendo il patrimonio più strategico per pensare al futuro. Sta perdendo una fetta strategica, i giovani laureati e i giovani diplomati, elemento ancora più rilevante se si affianca questo dato all’aspetto demografico del nostro mezzogiorno: ISTAT stima una crescita dell’età media nei prossimi anni inesorabile. Di fronte questo scenario quali elementi possono venire a nostro supporto? Il Mezzogiorno sarà destinatario di oltre 100 miliardi di Euro nel settennio 2021-2027, provenienti dai Fondi di Coesione, oltre i fondi del PNRR che, stando ai dati attuali, si stimano in altri 45 miliardi di euro. Sono cifre immense considerando che l’ultima Legge finanziaria dello Stato ammonta a circa 35 miliardi di Euro. Circa 4 volte per fondi di natura straordinaria. E allora occorre capire realmente cosa fare di questi denari.
videntemente occorre correggere una direzione che potrebbe essere la madre del nostro impoverimento. Bisogna affrontare il tema della desertificazione industriale del nostro territorio, per troppo tempo legato alle monoculture produttive che tanto hanno danneggiando, continuando a farlo, il tessuto produttivo e creativo del mezzogiorno. In particolare a Taranto le troppe risorse destinate ad un patrimonio industriale ormai vetusto e improduttivo dovranno essere oggetto di una profonda revisione. Il tessuto delle PMI esistente ma, soprattutto, quello dell’innovazione, in parte già presente sul territorio, va corroborato attraverso l’iniezione di risorse che permettano di superare innumerevoli ostacoli allo sviluppo di un nuovo tessuto industriale a partire dalla emorragia del patrimonio umano, economico e sociale, evidenziato nel rapporto Svimez. Ma, prima di tutto, occorre investire nella crescita del senso di fiducia nelle generazioni che vanno dai pre-adolescenti sino ai ventenni, incentivandoli a percorsi di crescita “sostenibile” sul territorio, pur ammettendo che una parte di questi, così strategica, decida di fare esperienza fuori dal nostro territorio. Tuttavia non possiamo assolutamente accettare che questo avvenga perché il nostro territorio non offre opportunità. La fiducia è un sentimento che deve essere coltivato. Investiamo risorse per rendere possibile lo sviluppo di nuove imprese che corrono negli spazi dell’innovazione. Sosteniamo i nostri ragazzi attraverso la formazione culturale dell’iniziativa privata. Promuoviamo la crescita di distretti dell’innovazione che possano dare il loro contributo all’intero sistema produttivo. In Puglia si sta facendo tantissimo. Risorse disponibili per l’innovazione, supporto all’internazionalizzazione anche delle startup, programmi di accelerazione e di finanziamento che stanno potenziando i programmi già in essere. Questo è un dato di fatto che è il contraltare di quanto il rapporto Svimez evidenzia. Il lavoro da fare, tuttavia, è enorme. L’inversione degli andamenti è opera ciclopica ma, ne sono convinto, potrà concretizzarsi solo attraverso un nuovo abito mentale che ci supporti nel guardare con fiducia il futuro. Per fare tutto questo occorre rompere i legami oscuri con il passato e sforzarsi di agire con la volontà di dare dignità e sostanza alle nostre immense capacità. Io, nel mio, ci credo.
Fabio Cerino – Ceo della startup innovativa Befreest