C’è chi sostiene che la situazione del Paese sia drammatica. Effettivamente non sbaglia. Basta del resto avere gli organi di senso funzionanti e il cervello acceso, anche a bassa tensione, per accorgersi che la popolazione è tartassata da costi improvvisi che sopravvengono nel bilancio familiare e individuale, dal caro energia e carburanti al caro mutui, che prepotentemente ci hanno chiarito, per chi non se ne fosse accorto prima, che l’economia di mercato è una realtà che nessuno controlla, facendola evolvere in economia dell’arbitrio. La logica è semplice e lineare: chi ha più filo tesse, anche se bara e il filo te lo sfila in funzione della sua posizione dominante. Vale per l’energia, per la telefonia, per le telecomunicazioni, ecc.. E chi soccombe? Al massimo ce ne occuperemo quando diventerà povero, affetto da patologie da quelle mentali a quelle sociali, e sempre che voglia dichiararsi tale e non si sottragga per “giuste” ragioni di dignità. Poi ci penserà insomma il sistema di welfare, sul falso presupposto che lo stato di benessere di una popolazione non si possa favorire prima degli eventi di conclamata fragilità, con la prevenzione e con l’approccio culturale nuovo che il sociale è trasversale a tutte le politiche e che basterebbe un po’ di polso e un po’ di pugno, per rendere la povertà e tante fragilità di numero e di entità molto minore rispetto a quelle attuali.
Regna un silenzio assordante: uno antico, sull’assenza di iniziative radicali per lottare l’evasione fiscale; uno recente, sul dramma che stanno vivendo le famiglie italiane, che fino a poco tempo fa non arrivavano a tre quarti del mese, oggi nemmeno ai primi dieci giorni.
Se vogliamo veramente interrompere l’economia dell’arbitrio e del far west, non possiamo più tacere su chi evade, a volte per arricchirsi a volte per necessità poco importa, percependo molto spesso anche benefici assistenziali sottraendo risorse a chi ne avrebbe più bisogno. Come non possiamo sottacere, supini e a volte subdoli, dinanzi al credito al consumo che ha sovraindebitato le famiglie illudendole che tutto è acquistabile per farle poi sprofondare nelle liste nere delle centrali rischi. Banche e finanziarie che senza controllo hanno impoverito un Paese, mandando sul lastrico migliaia di famiglie e vendendo i loro debiti non pagati a pochi spiccioli, alimentando l’usura da un lato e le speculazioni dall’altro. Questa è la prima grande dipendenza patologica da cui il Paese si deve liberare!
Poi c’è la seconda, direi antropologica, che ci interroga fino al profondo della natura dell’uomo e che forse spiega il fatto del perché il dramma che stiamo vivendo non generi la rabbia “giusta”. Mi riferisco ai social network, mezzi di distrazione di massa. Non mi addentrerò in lunghe analisi, ma mi domando: se spegnessimo anche solo un giorno i social network, come cambierebbe la nostra vita e quella delle nostre famiglie e comunità? Lo smarrimento in tanti regnerebbe, per tanti altri le giornate si svuoterebbero sentendo il vuoto, ma sicuramente si tornerebbe alla realtà. E allora tanti comprenderebbero che la politica bisogna tornarla a fare sul territorio, pena la propria estinzione. Altri parteciperebbero nelle urne e non con un commento o un post sui social, che gli algoritmi rendono limitati nella portata dando contestualmente l’illusione di essere dei personaggi pubblici che parlano direttamente alla Premier, mentre non sanno che a mala pena parlano a se stessi; quando va benissimo diventano influencer di periferia. Non possiamo sottacere il danno delle relazioni virtuali che stanno svuotando la carne e l’anima degli esseri umani, in tutti i luoghi in cui operano. Metaverso, no grazie! Meglio comizi, assemblee, abbracci, litigi veri, baci veri! Altro che emoticon, like, messanger, tweet e post vari!
Non ce ne voglia Mark Zuckberg e l’immensa intelligenza di quelli come lui. Ma così come la sua vita è piena per aver inventato i suoi “metaversi”, perché quella dell’umanità intera deve essere distratta dalla realtà e svuotarsi nell’illusione di essersi riempita del nulla, mentre si svuotano le tasche, le relazioni sociali, la partecipazione e una esatta concezione di quello che siamo veramente?
Cara Premier Meloni, questa è la sfida più grande che ha davanti. Potrà usare il pugno e ce lo auguriamo dinanzi a una quadro così nefasto e incancrenito, ma prima di tutto serve il polso, della situazione, che la sua storia di vita dimostra, ma che ora nell’azione di governo deve misurare nella complessità. Che ne pensa, ad esempio, di evolvere autorità garanti e commissioni di vigilanza varie, in una commissione/autorità di vigilanza sui mezzi di distrazione di massa, il cui passo per diventare di “distruzione” è brevissimo? Libererebbe milioni di cittadini dall’effimero della vita, per dedicarli a un controllo diffuso di tutto ciò che non va nelle loro vite e in quelle della comunità, concretizzando una funzione pubblica, efficace, senza precedenti!