La politica che vuole un nuovo sindaco, addirittura una nuova Europa, ha incontrato fisicamente i cittadini a scuola in questi giorni con le operazioni di voto democratico, quasi contemporanee a quelle di scrutinio per i giovani che avanzano nel percorso di conoscenza.
Ora si pubblicano i risultati dei voti delle elezioni e i quadri con i voti dei ragazzi di ogni ordine e grado di scuola. Il voto per uno studente è sinonimo di giudizio e di valutazione. Come lo è per la democrazia, e addirittura per il linguaggio religioso, nel momento in cui il “voto” diventa una promessa, un patto di fedeltà.
Dunque siamo andati a votare in questa scuola che esprime i voti ai suoi studenti e li chiede ai cittadini per i suoi nuovi politici: in questa congiuntura occorre trovare la linfa della democrazia, che impiega fatti e azioni per essere credibile.
Andiamo a votare a scuola, ovvero nel luogo dove i nostri giovani trovano lo spazio per la formazione e per la relazione, in questo luogo che rimane l’ultima agenzia educativa e formativa ancora pienamente attiva. Entriamo in silenzio in questi posti che cedono il posto all’esercizio di un diritto/dovere di cui gli adulti per primi spesso non sono consapevoli. Ma siamo entrati in queste aule adibite a seggi elettorali come ci entrano i bambini delle scuole elementari, ovvero con ingenuità e voglia di fare, con partecipazione e spirito di appartenenza?
Senza democrazia e scuola, senza il voto, possiamo tutti restarcene a casa, non faremmo niente. Evitiamo di dare voti inutili e di sprecare promesse irrisolvibili. Facciamo come i docenti seri, che quando esprimono il voto su uno studente, lo guardano in faccia o lo immaginano come un cittadino di domani.
Bentornato,
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