A dieci anni dal lancio dell’Agenda 2030 dell’Onu, che individua 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) per un futuro più equo, inclusivo e sostenibile, l’Italia continua a mostrare un’evidente frattura tra Nord e Sud. Il Rapporto Istat 2025 sugli SDGs fotografa un Paese diviso: mentre le regioni del Nord migliorano in modo sistematico su molti indicatori, il Mezzogiorno fatica ad avanzare, con ampie sacche di ritardo che minacciano la coesione sociale e territoriale.
Il 52% degli indicatori SDGs rilevati nel Mezzogiorno si colloca al di sotto della media nazionale, contro il 51% delle misure del Nord che risultano sopra. La frattura non è solo statistica: è sociale, economica e infrastrutturale. I goal dell’Agenda 2030 più critici per il Sud sono emblematici: povertà zero (goal 1), istruzione di qualità (goal 4), lavoro dignitoso e crescita economica (goal 8), riduzione delle disuguaglianze (goal 10). In ciascuno di questi ambiti oltre il 60% degli indicatori nel Sud si posiziona peggio della media italiana.
Nel 2024, il 23,1% della popolazione italiana è a rischio povertà o esclusione sociale. Ma se in Lombardia e Veneto questa quota scende sotto il 15%, in Campania, Calabria e Sicilia supera il 40%. Il Mezzogiorno sconta anche un tasso di disoccupazione più elevato, una maggiore incidenza di lavoro povero, e una quota più alta di giovani fuori da scuola e lavoro (Neet). Questi dati si riflettono in un’intensità di lavoro insufficiente e in una persistente deprivazione materiale. Non sorprende, dunque, che regioni come Sicilia e Campania registrino solo un quinto degli indicatori SDGs in posizione migliore della media nazionale.
Il goal 4, che mira a garantire un’istruzione equa e di qualità, evidenzia una delle fratture più allarmanti: il Sud è penalizzato da una percentuale elevata di giovani che abbandonano precocemente la scuola e da livelli di competenza scolastica inferiori. In Campania, Sicilia, Basilicata e Calabria, l’incidenza di alunni che non raggiungono le competenze di base in italiano e matematica è tra le più alte del Paese.
onostante il quadro complessivo critico, alcune regioni del Mezzogiorno si distinguono positivamente in ambiti ambientali. Abruzzo, Molise, Basilicata, Puglia e Calabria mostrano performance superiori alla media nei goal 13 (lotta al cambiamento climatico), 14 (vita sott’acqua) e 15 (vita sulla terra). In Puglia, per esempio, la qualità delle acque di balneazione è eccellente, mentre Sardegna e Sicilia si distinguono per le coltivazioni biologiche.
Le regioni del Nord non sono esenti da criticità. Valle d’Aosta, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia eccellono nella maggior parte degli indicatori socio-economici, ma faticano in quelli ambientali e sulla sostenibilità dei consumi. goal come il 2 (fame zero), il 12 (consumo e produzione responsabili) e il 14 (vita sott’acqua) mostrano risultati peggiori della media in almeno la metà degli indicatori, segnalando che lo sviluppo economico non sempre è compatibile con l’equilibrio ambientale.
C’è però un barlume di speranza. L’analisi temporale del rapporto Istat mostra che alcune regioni del Sud stanno compiendo progressi più rapidi rispetto a quelle del Nord, almeno nel breve termine. L’Abruzzo, per esempio, registra un’elevata incidenza di indicatori in miglioramento, con pochi in deterioramento. Anche la Sicilia, nonostante le numerose criticità, sta segnando alcuni recuperi significativi. Tuttavia, il cammino resta lungo. Gli avanzamenti del Sud sono spesso troppo lenti per colmare un divario che affonda le radici in decenni di disuguaglianze strutturali. La tendenza alla convergenza tra le regioni è visibile, ma non sufficiente: senza un forte impulso delle politiche pubbliche e degli investimenti in capitale umano, infrastrutture e innovazione, l’Italia continuerà a viaggiare a due velocità.
Il principio dell’Agenda 2030 “Leave no one behind” suona oggi come un richiamo urgente. Le politiche di coesione devono essere rafforzate e rese più mirate. Il Mezzogiorno ha bisogno non solo di fondi, ma anche di strumenti capaci di trasformare i divari strutturali in opportunità: nella transizione verde, nella rigenerazione urbana, nell’innovazione sociale. I dati parlano chiaro: per centrare gli SDGs non basta una media nazionale in miglioramento. È necessario che ogni territorio, da Bolzano a Ragusa, possa contribuire e beneficiare del progresso sostenibile. Solo così l’Italia potrà davvero affrontare il futuro in modo equo e condiviso.
Bentornato,
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