Agli albori della rivoluzione industriale, un giovane tessitore inglese, Ned Ludd, preso dalla rabbia per il suo stato di disoccupazione, distrusse un telaio meccanico. Che sia realmente esistito il giovane Ludd, il protagonista di questo atto di ribellione, è dubbio, ma certo, gesti di questo tipo tra il lavoratori furono abbastanza frequenti agli albori della rivoluzione industriale, non solo in Inghilterra, tanto dar vita a un vero e proprio movimento contro l’impiego delle macchine che prese appunto il nome di luddismo, dal nome del leggendario operaio. Il problema dell’antagonismo tra macchine e lavoro umano fu recepito dall’economista inglese David Ricardo che lo trattò in termini pessimistici nei suoi Principi di Economia Politica.
Negli stessi termini lo ereditò Karl Marx che individuò nella diffusione del macchinismo una delle tendenze di sviluppo del capitalismo che avrebbe acuito la contraddizione tra capitale e lavoro, fino a determinare il crollo del sistema.
Visioni pessimistiche che non sono mai state accettate unanimemente dalla scienza economica. Ancora, agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, in piena rivoluzione informatica, un economista di peso come Paolo Sylos Labini respingeva la correlazione tra disoccupazione e sviluppo tecnologico, affermando che i grandi processi di ristrutturazione industriale, avvenuti nel decennio precedente, avevano certamente ridotto la quota di lavoratori impegnati nell’industria, ma non l’occupazione in termini assoluti, che aveva trovato uno sbocco nell’aumento dei servizi.
Oggi la questione si ripropone con lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie di Artificial Intelligence (AI) che sollecitano previsioni pessimistiche e alimentano reazioni luddiste. Secondo un recente studio della Confartigianato sarebbero 8,4 milioni i lavoratori italiani a rischio per effetto della diffusione dell’intelligenza artificiale. I lavoratori più esposti sarebbero quelli maggiormenti qualificati, addetti a mansioni a contenuto intellettuale e amministrativo (tecnici dell’informazione e della comunicazione, dirigenti amministrativi e commerciali, specialisti delle scienze commerciali e dell’amministrazione, specialisti in scienze e ingegneria, dirigenti della pubblica amministrazione), insomma la componente del mercato del lavoro che ha richiesto elevati costi di formazione a carico della collettività. Ovviamente tale tendenza a sostituire il lavoro con IA sarebbe più marcata in paesi che hanno una quota più elevata di lavoro qualificato, Stati Uniti, Giappone, Germania e Francia, in primo luogo. Graverebbe meno in aree più arretrate come il Mezzogiorno d’Italia. Questa volta, quindi, non sono colpiti i colletti blu, i lavoratori poco qualificati che sono impiegati in mansioni standardizzate e meccaniche, facilmente imitabili dalle macchine industriali, ma i colletti bianchi, i lavoratori d’intelletto, perché l’IA si sostituisce ad essi, riproducendo perfettamente le procedure logiche umane.
Ovviamente una parte di questi lavoratori espulsi, soprattutto se in giovane età, potrebbe riqualificarsi nei settori di sviluppo della IA, occupandosi di creazione algoritmi; di hardware per l’immagazzinamento e l’elaborazione di dati; di software per la gestione dei dati; di servizi di integrazione e personalizzazione. L’aumento della produttività che deriva dall’implementazione di tecnologie IA ridurrebbe l’orario di lavoro, liberando risorse per altre tipologie di lavoro, legate al tempo libero, turismo in primo luogo, o alla cura della persona (si pensi alla componente crescente della popolazione anziana). Secondo uno studio recente della Goldman Sachs, processi produttivi basati sull’intelligenza artificiale potranno produrre una crescita del 7% del Pil mondiale nei prossimi dieci anni.
Sono tendenze di lungo periodo che è difficile poter prevedere oggi nei concreti sviluppi che potranno avere. Ma se la tendenza ultima del capitalismo è una economia completamente robotizzata, in cui sarà nullo il contributo del lavoro umano (scenario profetizzato dal marxista italiano Antonio Graziadei e che pare essere anticipato dalla ChatGPT-4, software intelligente sviluppato dalla californiana OpenAI) ci troveremo in un tipo di società che necessariamente dovrà superare i limiti degli assetti sociali del capitalismo per garantire a tutti l’accesso alle risorse. È certo che i tentativi di fermare il processo, imitando Ned Ludd, saranno assolutamente inutili.
Rosario Patalano è economista