Una riflessione sul ruolo della cultura per il rilancio del Sud e delle aree marginali, lungi dall’essere naturale a valle dell’ennesima, la numero 21, edizione di FestambienteSud, il festival culturale che Legambiente ha promosso come occasione per riflettere sulle cosiddette “questioni meridionali”, andrebbe fatta a freddo, distanziata di qualche mese dal calore, la fatica e le emozioni ancora fresche che prova chi promuove e organizza un festival.
Ma possono essere utili anche alcuni appunti agostani, elaborati nel pieno di una stagione in cui le proposte di cultura e spettacoli, che genericamente chiameremo “eventi”, si sovrappongono in una concentrazione parossistica che rappresenta il primo punto su cui riflettere: l’affollamento dei cartelloni estivi dei comuni.
Non credo sia un problema solo meridionale e delle aree marginali, ma penso sia prevalente al Sud rispetto ad altre aree del paese, riguardando soprattutto i livelli comunali della programmazione culturale. Ormai siamo abituati all’idea dell’estate (quella breve dal 15 luglio al 20 agosto circa) in cui dominano folle in cerca di qualcosa da fare, e in cui si affastellano cartelloni comunali zeppi di eventi, all’insegna della competizione tra territori che si contendono persone cercando di attirarle con gli eventi.
Nel contesto estivo, pertanto l’evento risponde alla funzione principale di potenziale attrattore di flussi di gente in mancanza dei quali si teme lo svuotamento, con conseguente danno per l’economia locale: senza i cartelloni di eventi estivi non solo si pensa di correre il rischio che i turisti non ci scelgano per le vacanze, ma si teme addirittura che i cittadini permanenti vadano altrove a intrattenersi e consumare, in una sorta di pendolarismo degli eventi che finisce per svuotare alcune destinazioni a vantaggio di altre che offrono serate più attrattive. La conseguenza di quest’ansia è la concentrazione della maggior parte della spesa pubblica dei Comuni per gli eventi nei mesi estivi, con un picco esagerato nel mese di agosto, che inevitabilmente sottrae risorse economiche indispensabili per poter assicurare un’offerta di servizi ed eventi di cultura e spettacoli negli altri mesi dell’anno. Quindi la prima domanda è: quanto si spende per la corsa agli eventi estivi e quanto questa concentrazione della spesa non permette la possibilità di offrire opportunità diffuse lungo tutto l’arco dell’anno? La risposta è semplice: si spende troppo! La seconda domanda che invoca una risposta è, temo, ancora più scomoda: quanto spazio c’è per la cultura nei cartelloni degli eventi estivi?
La lettura dei programmi dei Comuni ci restituisce un quadro molto triste, in cui l’intrattenimento ludico ricreativo, giochi con gonfiabili, tornei estivi, serate danzanti senza qualità e l’immancabile concerto di piazza di cover band ed eventi di pessimo folklore, viene inframmezzato con rari eventi culturali in un cartellone indistinto dove tutto è etichettato come cultura, anche quando contiene eventi palesemente non culturali. E ogni volta che confondiamo l’intrattenimento con la cultura, inevitabilmente commettiamo un imperdonabile delitto. La risposta alla domanda è, pertanto, conseguente: generalmente, tranne alcune pregevoli eccezioni, la cultura si uccide soprattutto d’estate! Dunque, andando per sottrazione, se gran parte della spesa pubblica comunale per gli eventi si concentra d’estate e se d’estate lo spazio per la cultura si riduce a pochissimo, quante risorse restano a disposizione per la creazione di una valida e permanente offerta culturale per i cittadini?
Dico questo perché, se apriamo un tavolo di confronto, siamo tutti d’accordo sul fatto che senza cultura non c’è sviluppo, che senza cultura s’incentiva l’emigrazione di chi ha bisogno di servizi di secondo livello (socialità e cura della dimensione comunitaria, qualità culturale del territorio, qualità dei servizi educativi territoriali, cultura della legalità), che senza l’innalzamento della qualità culturale del capitale umano si perde nella competizione tra territori vicini e lontani (si pensi alla quantità e alla qualità dei servizi e dell’offerta culturale nel Centro-Nord del nostro paese che, seppure registrando una crescita considerevole nel contesto meridionale, ancora si presentano più robuste). Ma nei fatti le politiche culturali sono danneggiate dall’ansia dell’affollamento dei cartelloni estivi, che mette in un unico calderone “lotta nel fango” e cover band con la presentazione di un buon libro e l’allestimento di una buona mostra, sottraendo diverse decine di milioni di euro alla creazione di servizi culturali e alla programmazione di eventi improntati alla qualità. Meno intrattenimento e più cultura significa ripulire i programmi comunali da eventi senza qualità, risparmiare risorse per investimenti culturali duraturi e anche non commettere l’errore di trattare la gente da ignorante, perché è imperdonabile pensare che essere “per tutti” significhi essere scandente. Perché la differenza tra una ciofeca imbevibile e un ottimo vino d’annata la sanno sanno cogliere tutti.
Franco Salcuni è direttore di FestambienteSud
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