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Musumeci “condanna” il Sud ma non parla di Mediterraneo e porti

L’inadeguatezza (eufemismo) del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, rilevata nel suo ineffabile intervento alla presentazione del rapporto Svimez 2024, si è mostrata appieno.

Ingenuamente ma offensivamente in errore, o cinico, consapevole, colpevole affossatore del Mezzogiorno, quando afferma che il mancato sviluppo del Sud è dovuto alla mancanza di voler cambiare del Sud stesso, alla sua rassegnazione, al suo fatalismo, quando non anche e soprattutto al suo familismo? O quando afferma che al Mezzogiorno sono arrivati tantissimi soldi che non si sono saputi spendere? Un uditorio allibito, quasi sorpreso da queste parole, me compreso, non ha saputo/voluto/potuto reagire con una salva di fischi o almeno con un brusio di disapprovazione… ma forse è stato un bene.

A rimettere le cose a posto ci hanno pensato indirettamente i successivi interventi e, in maniera diretta, il presidente di Svimez Adriano Giannola, mentre già in precedenza il direttore Svimez Luca Bianchi era stato molto chiaro. Certe affermazioni la dicono lunga sul pensiero del governo Meloni nei confronti del Sud, al di là del personaggio del ministro, siciliano, già presidente della Regione Sicilia, con una lunga carriera politica, sempre a destra o estrema destra alle spalle, meridionale che condanna e ritiene colpevoli i suoi conterranei meridionali con la stessa tecnica dei carnefici che capovolgono la realtà inscenando un vero e proprio scambio di ruolo con le vittime.

Bene hanno fatto prima il direttore Bianchi e poi il presidente Giannola a sottolineare con amarezza e ironia che il Nord Italia va malissimo rispetto alla media europea, il Sud va male, e quindi ecco le “cifre” che certificano che il Sud va “meglio” del Nord. E che nei prossimi anni tutto si rimetterà “a posto”, con un Sud che arranca dietro un Nord che arranca anch’esso. A mio avviso il “ministro del mare” non si interessa… dei porti!

Nessun accenno, infatti, nel suo intervento, ai centrali, perché nel cuore del Mediterraneo, sistemi portuali del Sud, che potrebbero essere i naturali terminali delle navi container che arrivano da Suez: Augusta-Catania-Messina-Gioia Tauro-Taranto; Palermo-Trapani-Porto Empedocle; Napoli-Castellammare-Salerno; Bari-Brindisi; e i loro decisivi retroporti, per la lavorazione e la logistica e trasporto dei milioni di tonnellate di merci e apparecchiature che potrebbero arrivare: il retroporto di Rotterdam, compreso indotto, impiega circa 700mila lavoratori.

Abbiamo idea di quello che significherebbe per l’economia e l’occupazione in Calabria e Sicilia un retroporto attrezzato a Gioia Tauro? Questo ovviamente necessita di AV/AC in tutta la Sicilia e da Gioia Tauro verso Napoli-Milano-Europa centrale. Fortunatamente il ponderoso, approfondito, ricco di cifre e di analisi rapporto annuale Svimez, mette le cose in chiaro: il Nord è fermo, attaccato come è alla produzione tedesca, ferma a sua volta; la Zes unica risulta poco attraente; lo spopolamento del Mezzogiorno a favore di un Nord che si spopola anch’esso, con i migliori “cervelli” che emigrano da Sud a Nord, laureati, o per andare a studiare nelle Università del Nord, addirittura recentemente fin dalla scuola secondaria di secondo grado, non potrà “salvare” a lungo il Nord, e Sud e Nord, stavolta davvero insieme, uniti, affonderanno insieme! L’Italia si salva se il Sud comincia a correre; se il Sud, oltre a turismo, comincia ad attrarre insediamenti industriali, manifatturieri o dell’automotive, o di produzione navale e aerospaziale ed elettronica. Campania, Puglia, Sicilia, mostrano già una predisposizione e un’esperienza “culturale” e organizzativa per accogliere tali insediamenti, ed è al Sud che si possono ottenere migliori vantaggi, non più in un Nord congestionato che, per inciso, non è in grado di produrre l’energia per la sua economia, le sue aziende, che invece deve “prendere” dal ben più ricco e attrezzato Mezzogiorno.

Se si capisce questo e si fa in modo che le due locomotive, insieme Sud e Nord, si mettano in funzione, l’Italia riprenderà il ruolo che aveva come medio-grande potenza economica europea. Non saranno gli arzigogoli sconclusionati e offensivi di un ministro a cambiare questa realtà.

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