Morti sul lavoro e impatto dell’intelligenza artificiale sui livelli occupazionali: i due temi sono all’apparenza scollegati l’uno dall’altro, sebbene su entrambi si concentrino oggi le riflessioni di esperti e istituzioni. E se, invece, l’intelligenza artificiale fosse utilizzata proprio per cancellare gli incidenti sul lavoro? Se le più moderne tecnologie fossero opportunamente piegate all’esigenza di pianificare, finanziare e attuare strategie sempre più mirate di contrasto verso un problema ormai cronico che, in Italia, miete mediamente tre vittime al giorno?
L’intuizione è di Augusto Cerqua, Costanza Giannantoni e Marco Letta, ricercatori e docenti presso l’università La Sapienza di Roma, che hanno sviluppato un modello capace di individuare con anticipo le aree nelle quali si verificheranno gli incidenti sul lavoro in modo tale da consentire al decisore politico di concentrare proprio lì ispezioni e sussidi destinati alle imprese.
Lo studio parte da un presupposto, cioè dalla consapevolezza che le risorse per le politiche attive di contrasto e prevenzione delle morti sul lavoro sono scarse e, di conseguenza, vanno indirizzate verso soggetti, settori e territori dove sono più necessarie o in grado di determinare i risultati migliori. E così, impiegando algoritmi di apprendimento automatico, il team dell’università La Sapienza ha mappato le aree della Penisola a più alto rischio di incidenti fatali sul lavoro.
Con riferimento alle morti bianche tra 2018 e 2023, i ricercatori hanno utilizzato l’intelligenza artificiale per processare una serie di informazioni: denunce, struttura industriale, caratteristiche del mercato del lavoro, livelli demografici, mercato immobiliare, politiche locali e poi ancora numero di vittime sul posto di lavoro e in itinere per ciascun comparto industriale, controlli effettuati dall’Ispettorato e sussidi offerti da ciascun territorio alle imprese che investono in sicurezza. Risultato: con riferimento al 2018-2023, le morti sul lavoro previste dal modello sviluppato dai ricercatori coincidevano quasi perfettamente con quelle effettivamente verificatesi, con una distribuzione degli errori prossima allo zero.
Con riferimento alle realtà locali, le province di Bari e di Taranto si sono confermate tra quelle più a rischio, al pari di quelle di Roma, Milano, Cagliari. Inoltre, confrontando questi risultati col quadro delle ispezioni e dei sussidi destinati alle imprese che investono in sicurezza, il team ha evidenziato come la loro distribuzione non sia coerente: le ispezioni sono concentrare al Sud e i sussidi al Centro, mentre il più alto rischio di incidenti fatali sul lavoro si rileva al Nord. Insomma, c’è un disallineamento tra l’attuale dispiegamento di forze sul territorio e le zone in cui l’intervento sarebbe più urgente. E questo è un bel problema, visto che l’effetto di ispezioni e sussidi sulle morti bianche è statisticamente alto nelle aree classificate a più alto rischio. In definitiva, l’uso dell’intelligenza artificiale nel contrasto delle morti bianche sembra utile per due motivi. In primo luogo, perché può essere sfruttato dalla politica per trovare il punto di equilibrio tra vincoli finanziari e necessità di indirizzare le poche risorse disponibili in aree del Paese e comparti industriali in cui l’intervento è più urgente. In secondo luogo, il modello sviluppato dai ricercatori dell’università romana coniuga l’uso dell’intelligenza artificiale con le singole specificità territoriali, visto che ogni area del Paese presenta caratteristiche particolari dal punto di vista sociale, economico e demografico. Questo modello predittivo basterà per azzerare le morti sul lavoro?
Probabilmente no, ma rappresenta un punto di partenza innovativo. Sempre meglio che continuare a indignarsi, costernarsi e impegnarsi, per usare parole di Fabrizio de André, per poi gettare la spugna e magari piangere altri morti.
Bentornato,
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