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Meno risorse per gli Atenei ma gli stipendi dei rettori aumentano

Applicando un Dpcm del governo Draghi, i rettori delle Università si stanno aumentando compensi e gettoni di presenza. Gli Atenei, in maniera del tutto autonoma, si stanno “adeguando” in maniera diversificata, nel tempo, e nelle dimensioni. Il Dpcm stabilisce che l’incremento si inserisca in una analisi della sostenibilità dell’Ateneo, in modo che tenga conto del patrimonio netto, attivo, valore prodotto e spesa per il personale, quindi dimensione dell’Ateneo, e che il compenso per un rettore non possa superare i 240mila euro annui. Va aggiunto che tali aumenti non sono obbligatori, ma a discrezione dei vari Atenei. Che debbono valutare la disponibilità di fondi strutturali per pagare tali aumenti. Tra il 2023 ed il 2024, vari Atenei hanno affrontato il tema e adeguato indennizzi e gettoni di presenza. La “Federico II” di Napoli, per esempio, lo ha fatto a inizio del 2024, fissando il compenso del rettore a circa 100mila euro annui rispetto a un compenso precedente di circa la metà.

Questi aumenti sono avvenuti e avvengono alla spicciolata, quasi alla chetichella, non nel senso di volerli nascondere (sono pubblicati sui siti degli Atenei), ma certo non propagandandoli, e quindi non sempre ricevono attenzione mediatica. Tali aumenti sono regolati dalla disponibilità finanziaria di un Ateneo, ma soprattutto a mio avviso da un “buon senso”, che il rettore, e il cda, devono avere nel valutare l’entità, ma soprattutto il momento, dell’aumento, nel senso di valutare con attenzione cosa sta succedendo nella società e nel Paese.

Che ai manager dell’Università spetti un riconoscimento economico per le responsabilità di gestione che devono affrontare, non è opinabile. A mio avviso, infatti, senza falsi moralismi, la funzione di rettore comporta responsabilità e oneri, e quindi va retribuita. Questo in linea di principio. Bisogna peraltro valutare la sostenibilità, l’opportunità e il momento in cui si decidono e poi si rendono addirittura retroattivi tali eclatanti aumenti.

Ecco, quindi, indignazione e proteste per l’aumento del compenso del rettore di Unisalento, caso di cui anche questo giornale si è interessato. Il rettore ha fatto approvare da Senato e cda un aumento da 25mila a 121mila euro circa, un aumento di poco meno del 500%. A parte l’entità “esagerata” (sebbene nei limiti stabiliti dal Dpcm), colpisce il momento sbagliato in cui si decide tale esorbitante aumento: è di poche settimane fa l’annuncio che per il 2024 il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) che garantisce la vita degli Atenei, sarà ridotto di 173 milioni rispetto al 2023; in realtà manca l’adeguamento dovuto alla inflazione (4-500 milioni); manca il mantenimento costante del rapporto Ffo/Pil (che nel 2023 era 0,45% circa, e per il 2024 sarà 0,43% circa: 0,02 punti percentuali in meno, che, per il nostro pil, valgono 4-500 milioni circa).

Questi aumenti danno molto fastidio, quindi, a fronte di una diminuzione effettiva di circa un miliardo, che mette a rischio, anzi riduce nettamente la capacità di finanziare ricerche; di assumere nuovo personale; di far progredire in carriera giovani meritevoli e che ne hanno capacità; di garantire tasse basse ad una sempre più ampia platea di studenti; di garantire un servizio di diritto allo studio di migliore qualità e per più studenti; di garantire il mantenimento di un decoro di strutture in alcuni casi degradate e da rimettere a nuovo. Nello specifico caso in esame, aumenti in Unisalento, il Pd di Lecce ha denunciato una insensibilità nei riguardi delle difficoltà quotidiane che affrontano ricercatori, docenti e studenti e personale tutto: il Ffo per UniSalento subisce nel 2024 una riduzione di circa 3.5 milioni, il 3,11%, ed è davvero inopportuna la decisione di aumentare di circa il 500% gli emolumenti del rettore.

La Flc-Cgil ha diramato una nota in cui stigmatizza queste scelte in genere, a partire dal caso Unisalento, denunciando come in una situazione drammatica, dell’Università e del Paese tutto, dopo anni di tagli alla spesa pubblica che hanno visto ridurre salari accessori e compensi sia al personale docente sia al personale amministrativo, un ahimé “significativo” intervento di segno opposto, finanziato peraltro con le economie e i risparmi sulle spese di funzionamento degli Atenei, veda i Consigli di Amministrazione aumentare gli emolumenti del rettore e dei propri componenti.

Che dire. Personalmente sono sicuro che i rettori e i cda che hanno fatto queste scelte, abbiano ben chiara la situazione economico-finanziaria dei rispettivi Atenei, e che quindi davvero non ci saranno negazioni di salario accessorio o di straordinario per il personale; non ci saranno “tagli” ai giovani ricercatori; non si lesineranno fondi per la ricerca di Ateneo; saranno garantiti sempre più servizi per il diritto allo studio; si attiverà una manutenzione ordinaria e straordinaria di edifici e strutture e aule e laboratori; si assumerà tutto il personale tecnico-amministrativo indispensabile per il buon funzionamento di un Ateneo. Voi che dite?

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