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Matera insegna: non può esserci campo largo senza progetti

C’è una buona dose di ingenuità, a voler essere clementi, o più probabilmente di sfacciataggine, a volerlo essere meno, nelle accuse che l’ormai ex sindaco Domenico Bennardi e il coordinatore del M5s lucano Arnaldo Lomuti hanno rivolto al Partito democratico dopo l’ingloriosa fine dell’amministrazione comunale di Matera. Commentando le dimissioni di 17 consiglieri, Bennardi ha parlato di «atto vile del Pd», bollato addirittura come «inaffidabile». L’ex sindaco, al quale non sono bastati quattro rimpasti di giunta in altrettanti anni di governo per garantire a Matera la necessaria stabilità politica ed efficacia amministrativa, ha pronunciato quelle parole mentre al suo fianco sedeva Lomuti. E non è un dettaglio di poco conto nell’economia dei rapporti, spesso conflittuali, tra le forze che compongono il campo largo.

Il parlamentare Lomuti è tra quegli esponenti del M5s che, qualche mese fa, hanno affossato la candidatura di Angelo Chiorazzo a presidente della Basilicata, costringendo il centrosinistra a “ripiegare” su Piero Marrese e di fatto spianando la strada alla rielezione di Vito Bardi. Questo precedente non ha creato alcun imbarazzo alla coppia Bennardi-Lomuti nel momento in cui ha definito inaffidabile un alleato dal quale probabilmente si aspettava di ricevere l’ennesimo salvagente per tirare a campare fino alle comunali del 2025.

Ma questa vicenda rileva anche sotto un altro profilo. È la dimostrazione, infatti, di come il campo largo faccia fatica ad affermarsi in mancanza di un federatore e di una piattaforma programmatica comune ai partiti che lo compongono. In un’epoca in cui l’astio personale sembra assurto a categoria politica (e la vicenda Chiorazzo ne è la plastica rappresentazione), le dinamiche tra partiti sembrano ridursi allo scontro amico-nemico. Ed è qui che sorge la necessità di un federatore, come fu Romano Prodi per l’Ulivo o com’è Michele Emiliano per il centrosinistra pugliese, che sia capace di fare da arbitro e di impedire che tra singoli leader prevalgano inimicizie e competizione personale.

Soprattutto, però il caso di Matera suggerisce alle forze di sinistra che la costruzione di un’alternativa alle destra non può ridursi alla “sommatoria di tutti gli altri”, come ha scritto Paolo Macry, o alla crociata contro l’autonomia differenziata o, ancora, alla solita denuncia di un presunto pericolo fascista. Senza una piattaforma che consenta a Pd e M5s di partire dalle idee, quindi, il destino del campo largo è quello di implodere su ogni questione, a Matera o altrove. L’alternativa può nascere solo ed esclusivamente da contenuti politici, programmi concreti e progetti all’altezza delle sfide del mondo contemporaneo. È un sentiero lungo e tortuoso, certo, ma probabilmente l’unico percorribile per il centrosinistra lucano e per quello nazionale.

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