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Ma come si fa a dire che il Sud ha più risorse a disposizione?

In un articolo pubblicato su “Il Foglio” il 18 gennaio, il professore Sabino Cassese, presidente del Comitato per la determinazione dei Lep (Clep), parla con ingenua ma offensiva “ignoranza”, oppure, con dolo e cinismo, è un denigratore del Mezzogiorno? Cassese contesta le valutazioni del rapporto Svimez 2024, presentato il 27 novembre scorso, ricco di dati e incontestabili prove e fatti, riguardo alla situazione di forte calo e veloce invecchiamento degli organici degli enti meridionali, dovuto al blocco del turn-over, penalizzandone o azzerandone di fatto qualsiasi capacità operativa e amministrativa.

Non contesta i dati – e ci mancherebbe pure – perché calo e invecchiamento ci sono, evidenti. Ma contesta e ribalta la valutazione che Svimez fa di questo fatto. Come già aveva avuto la faccia di bronzo di fare il ministro Musumeci, proprio in occasione della succitata presentazione (ne ho scritto in un articolo su questo giornale il 29 novembre 2024, “Musumeci condanna il Sud ma non dice una parola su Mediterraneo e portualità”) , Cassese sostiene invece che la cattiva qualità amministrativa, e quindi, la scarsa qualità dei servizi, ed in definitiva il minore sviluppo economico e sociale, nelle regioni e nei comuni del Mezzogiorno, sia imputabile alle politiche di reclutamento locali, “geneticamente” predisposte alle relazioni clientelari.

Richiamando il “familismo amorale” di Edward C. Banfield, Cassese fa riferimento ad uno scarso impegno civico (come sosteneva Robert Putnam) e quindi alla selezione dei peggiori. Come Musumeci due mesi fa a Roma, così Cassese sostiene che non esiste un problema di scarsezza di risorse finanziarie destinate al Mezzogiorno, ma al contrario la spesa pubblica sarebbe molto generosa nei confronti del Sud, e i tantissimi soldi che vi sono arrivati non si sono saputi spendere, o peggio. E cita esplicitamente il comparto della sanità. “In alcune zone in cui essa funziona peggio – scrive Cassese – l’intervento finanziario centrale è maggiore”.

Un semplice studio dei dati messi a disposizione da Istat e Ragioneria generale mostra che il finanziamento pro-capite per la Regione Campania, quella che riceve di meno in proporzione, è di circa 2mila euro, quello della provincia autonoma di Bolzano, cioè quella che riceve di più, circa 2.900 euro. Ma è una provincia autonoma, a statuto speciale, come Trento, la seconda “regione” più finanziata d’Italia (circa 2.500 euro, sempre come finanziamento pro-capite). Bene, passiamo allora alle regioni a statuto ordinario: Liguria circa 2.450 euro pro capite; Emilia-Romagna circa 2.400; Veneto circa 2.300. Insomma, facendo una media dei finanziamenti pro capite, si vede come alla Campania vadano ogni anno circa 300 euro in meno per cittadino (con un ammontare complessivo di circa un miliardo); non va tanto meglio alla Calabria, con una media annua pro-capite di circa 2.100 euro, o alla Sicilia, anch’essa regione a statuto speciale, ma nella parte bassa della “classifica” con appena 2.150 euro circa.

Sappiamo che in genere Campania, Calabria, Sicilia, sono tra le regioni che hanno più difficoltà e minore qualità nei servizi sanitari: da dove ha tirato fuori Cassese che le regioni che più sono indietro hanno più soldi? E ancora. Utilizzando i dati relativi alla valutazione della qualità dei servizi sanitari, che sono espressi attraverso punteggi (dati facilmente reperibili sul sito del Ministero della Salute), si vede come Campania, Abruzzo, Calabria, Sicilia, Molise, siano agli ultimi posti. Normalizzando però (operazione… banale, ma geniale e significativa) rispetto ai finanziamenti ottenuti, misurando cioè in certo qual modo l’efficienza della spesa per l’erogazione dei servizi, si scopre che Campania, Puglia, Sicilia, Abruzzo, Molise, hanno livelli di efficienza simili o addirittura superiori a quelli della provincia di Bolzano, Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta. Si può correttamente dire che Campania e Sicilia mostrano una migliore efficienza della spesa sanitaria rispetto a Bolzano, Val d’Aosta o Liguria. E se provassimo a dare gli stessi soldi che hanno Liguria e Bolzano a Sicilia e Campania? La qualità del servizio diventerebbe altissima!

Queste considerazioni e riflessioni sono scaturite da una discussione all’interno dell’associazione meridionalista 34 Testa al Sud, in particolare grazie all’aiuto di validi esperti membri dell’associazione, che ringrazio di cuore.

Vorrei solo concludere: se con questa “ignoranza” di comodo e con questo approccio predeterminato il presidente del Clep Cassese ha portato avanti il suo lavoro, non si può non rimarcare, una volta di più, che il Clep, da strumento puramente tecnico, si è rivelato uno strumento politico a servizio del governo e della oscena secessione dei ricchi.

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