Da tempo si parla del cambiamento climatico come di una minaccia futura. Ma forse il tempo dell’attesa è finito; oggi quella minaccia è diventata realtà: il clima sta cambiando, le decisioni ambientali di oggi determineranno il mondo di domani. Se non si agisce subito e con determinazione, le future generazioni erediteranno un pianeta con eventi climatici estremi. Nessun Paese potrà veramente ritenersi al sicuro. Viviamo in un’epoca in cui i segnali della crisi climatica sono sempre più chiari: uragani, alluvioni, siccità prolungate, incendi boschivi devastanti, scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello dei mari non rispettano confini politici.
I costi dell’inazione sono molto alti. I report tecnico-scientifici sulla valutazione dei cambiamenti climatici, che periodicamente sono pubblicati dall’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), organismo istituito dall’Onu nel 1988, evidenziano che il costo del non intervenire sarà enormemente più alto del costo delle azioni preventive da intraprendere (azioni economiche, sociali e ambientali).
Ma la vera sfida non è solo scientifica o tecnica: è una sfida culturale, politica e, soprattutto, etica. Serve una presa di coscienza profonda e collettiva, perché la crisi ambientale non riguarda solo l’ambiente, ma la salute pubblica, la sicurezza alimentare, i diritti umani. Di fronte a questa urgenza non possiamo permetterci né indifferenza né rassegnazione. Serve azione. Serve coraggio. E questo coraggio, oggi più che mai, a giudicare da come (non) stanno andando le cose nel mondo, purtroppo, sembra mancare ai governanti di molti Paesi, che stentano a rendersi conto che è fondamentale che i loro governi integrino le politiche climatiche nelle loro agende economiche, riconoscendo che la sostenibilità ambientale e la crescita economica non sono obiettivi mutuamente esclusivi e che, al contrario, investire in tecnologie verdi e infrastrutture sostenibili può stimolare l’innovazione e creare nuove opportunità di sviluppo economico. Un plausibile fattore di speranza sembra venire, oggi, dal concreto attivismo di tanti giovani: le battaglie portate avanti con una lucidità ispirata alle più sane tensioni ideali da ragazze e ragazzi in ogni angolo del mondo (Greta Thunberg e il movimento Fridays For Future ne costituiscono solo l’esempio più eclatante), ci ricordano che non esiste neutralità quando è in gioco il futuro. I giovani non solo protestano: propongono soluzioni, immaginano un futuro diverso.
In questo percorso di cambiamento anche i media, soprattutto se liberi da degeneri condizionamenti politici, possono svolgere un ruolo chiave: nel raccontare la crisi climatica non come un’emergenza occasionale, ma come una realtà sistemica; nello smontare fake news e negazionismi; nello spiegare i fatti sul cambiamento climatico con rigore scientifico, senza banalizzazioni o allarmismi inutili, ma sempre tenendo alta l’attenzione ed evitare che il problema sparisca dopo pochi giorni dal verificarsi di situazioni emergenziali; nel fare pressione sui politici e sulle istituzioni, amplificando la voce dei cittadini che chiedono cambiamenti reali; nell’informare con rigore, dando visibilità alle buone pratiche e, al tempo stesso, esercitare una funzione di controllo, stimolando governi e istituzioni a uscire dall’inazione.
I media, in tale ottica, non sono solo spettatori ma diventano attori del cambiamento. Non possiamo costruire un futuro diverso se la verità scientifica viene oscurata, se l’attenzione pubblica viene distratta o addirittura manipolata. I media devono essere alleati della verità e della speranza: devono aiutare a formare coscienze critiche, a smascherare l’indifferenza, a dare visibilità a chi ogni giorno lotta per difendere il nostro pianeta. Perché solo un’informazione libera e corretta può accompagnare la trasformazione di cui abbiamo bisogno.
Quando i giovani alzano la voce, non stanno semplicemente protestando: stanno indicando un cammino. Quando i media si fanno portatori di verità, non stanno solo informando: stanno contribuendo a cambiare la storia. Il cambiamento climatico ci obbliga a ripensare tutto: i nostri stili di vita, le nostre priorità, le nostre politiche, ma ci offre anche una possibilità straordinaria, quella di scrivere insieme una pagina nuova, più giusta e sostenibile. Oggi più che mai, quindi, è necessario che tutti, cittadini, giornalisti, educatori, amministratori e imprenditori, comprendano che la sfida climatica non è di qualcuno, è nostra, e che la differenza non la farà solo la tecnologia, ma il grado di responsabilità e di coraggio collettivo che sapremo introdurre.
Da dove cominciare? Educazione e consapevolezza, innanzitutto. Sensibilizzare su cosa è in gioco, partendo dalle scuole, dai media, dalle famiglie: dialogo intergenerazionale; azioni simboliche ma forti, che rompano l’indifferenza; proposte concrete, non solo proteste ma soluzioni, pretendere leggi specifiche, proporre modelli alternativi; costruire reti (nessuno cambia il mondo da solo).
Il cambiamento climatico non è solo una sfida scientifica o politica: è una chiamata alla responsabilità di tutti, è una questione di giustizia, di umanità, di futuro.
Bentornato,
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