Il governo Meloni sta concentrando le proprie forze sulle riforme di colore politico e ancora una volta sta perdendo di vista gli obiettivi del Pnrr. Siamo alle solite “sceneggiature politiche”: Salvini insiste sull’acritica estensione della flat tax all’intero settore economico, Calderoli parla ancora di autonomia differenziata ignorando che c’è una parte del Paese che si è mobilitata per dire no, Giorgetti ha chiuso una crociata contro l’intero comparto edilizio e ha messo in ginocchio, famiglie, imprese e professionisti promettendo una via di uscita per i crediti incagliati che, ad oggi, non c’è. In tutto questo, la terza rata del Pnrr da 19 miliardi di euro non è ancora stata sbloccata dal Bruxelles e da giorni girano voci sulle difficoltà da parte dell’Italia a rispettare gli obiettivi e le riforme previsti dal piano di rilancio messo a punto in Europa in piena emergenza pandemica. Un rallentamento nell’erogazione dei fondi avrebbe un effetto negativo per il nostro Paese e sull’affidabilità del governo Meloni.
Senza dimenticare le possibili ripercussioni sui mercati finanziari dal momento che i 209 miliardi del Pnrr per l’Italia erano stati calcolati per ridurre i divari tra Nord e Centro-Sud e per stimolare una crescita forte del pil immaginando una maggiore sostenibilità del debito pubblico italiano.
La flat tax come la immagina Salvini non va bene e siamo d’accordo con l’Europa quando dichiara che «l’estensione del regime forfettario ai lavoratori autonomi desta preoccupazioni per l’equità e l’efficienza del sistema tributario». D’altro canto, non possiamo non riflettere su quantI oggi siano i contribuenti che applicano questo regime. Gli ultimi dati pubblicato dal MEF relativi al primo trimestre 2023 sono inequivocabili: le nuove partite Iva forfettarie sono oltre 95mila, oltre mille nuove partite Iva al giorno, per un totale di oltre due milioni di forfettari. La base di qualsiasi ragionamento su una riforma di questo sistema deve partire dal domandarsi se queste nuove partite Iva forfettarie sono uno sfrenato desiderio di fare impresa, arte o professione o è diventata una necessità o escamotage fiscale e contributivo di un mondo del lavoro che non è regolato come dovrebbe. Bene, quindi, rivedere il sistema della flat tax ed estenderlo anche ai lavoratori dipendenti sul presupposto che oggi i forfettari sono una vera e propria categoria di contribuenti e non solo un regime fiscale, ma è necessario una riforma organica, strutturale e sostenibile anche in termini di entrate tributarie per il fisco italiano.
L’autonomia differenziata l’abbiamo combattuta con tutte le nostre energie, ad ogni livello di Italia del Meridione, e abbiamo più volte spiegato come sia sbagliato attuare in questo modo il regionalismo differenziato. Siamo favorevoli al dettato della Costituzione e sul voler differenziare le materie, ma solo se la sanità e l’istruzione restano centrali. Oggi, però, è sbagliato parlare di autonomia differenziata se prima non eliminiamo i divari da Nord e Centro-Sud. I 209 miliardi del Pnrr sono spettati all’Italia proprio perché è il Paese con il maggior divario territoriale.
Dunque, proprio perché il Pnrr è considerato un’occasione unica e irripetibile per rilanciare il sistema italiano dobbiamo impegnarci a individuare tutte le strade in grado di sbloccare l’impasse. Il ritardo è in parte determinato dal fatto che non abbiamo strutture veloci ed esperte per fare le gare e attuare i progetti. Basti pensare al meccanismo farraginoso degli appalti pubblici. Ma sappiamo che una parte importante del ritardo è ascrivibile ai Comuni, che non hanno il personale adeguato e, soprattutto, la liquidità necessaria per anticipare le spese dei progetti. E i Comuni con maggiori difficoltà sono proprio quelli del Sud. Il meccanismo di finanziamento del Pnrr prevede che i Comuni, per ricevere i fondi da Bruxelles, dimostrino di aver pagato le imprese ma i bilanci degli enti non hanno la liquidità sufficiente per il pagamento delle fatture. Una soluzione, quindi, potrebbe quella di inserire le banche con lo stesso modello dello sconto in fattura e cessione del credito introdotto per il superbonus che, fino al blocco imposto dal ministro Giorgetti, stava rilanciando l’intero settore edilizio. Così facendo le imprese eseguono i lavori applicando lo sconto in fattura e con un procedimento che documenti lo stato di avanzamento e che ne certifichi l’effettivo ammontare, le banche possono acquistare il credito d’imposta pagando direttamente l’impresa e quietanzare le fatture. Che il Governo valuti seriamente una simile soluzione che permetterebbe all’Italia di ricevere i soldi dall’Ue e ai Comuni senza liquidità di avviare le gare d’appalto.
Vincenzo Castellano è tributarista e segretario di Italia del Meridione