La questione delle lunghe liste di attesa per l’accesso alle prestazioni sanitarie è una delle emergenze più avvertite soprattutto da quella vasta fascia di pazienti che, per motivi economici, continua a vedere nel servizio pubblico l’unico possibile fattore di soddisfazione dei propri bisogni.
La questione assume una valenza squisitamente etica, perché connessa al tema del diritto alla salute. Di fronte ad un tema così sfidante, si deve ricordare l’ampia mole di leggi e di atti, nazionali e regionali, che definiscono compiti e responsabilità a tutti i livelli per garantire a tutti i cittadini un accesso equo alle prestazioni sanitarie.
Se a ciò si aggiunge che le regioni meridionali hanno ricevuto, almeno negli ultimi 14 anni, ingenti finanziamenti europei finalizzati a potenziare la sanità territoriale in termini di strutture e tecnologie, per non parlare delle risorse derivanti dal Pnrr la cui utilità sarà più evidente nei mesi a venire, verrebbe da dire che il sistema dispone di tutte le risorse necessarie per supportare un efficace piano di prestazioni da garantire ai cittadini secondo i criteri previsti dalle norme.
Purtroppo però la oggettiva carenza di Medici Specialisti ne indebolisce di molto la capacità di erogazione. E allora come se ne esce? In questi giorni la regione Puglia fa di nuovo i conti con una proposta di legge sulle liste di attesa fortemente divisiva nel momento in cui prevede la sospensione della libera professione dei medici a fronte di tempi di attesa non conformi.
Questo provvedimento sarebbe certamente da considerare ispirato alla salvaguardia del diritto di accesso alle prestazioni se oggi lo stesso non apparisse obiettivamente punitivo nei confronti di operatori sanitari che fanno fronte, in condizioni di grave inferiorità numerica, alle più svariate esigenze assistenziali, si pensi soltanto ai medici ospedalieri trasferiti d’ufficio a svolgere turni di guardia in pronto soccorso. Ferma restando la legittima aspirazione legislativa dei consiglieri regionali, la questione necessita piuttosto di un forte recupero di managerialità da parte dell’intero sistema, che consenta di governare al meglio le risorse umane e tecnologiche presenti nel servizio sanitario regionale. In questo senso, potrebbe essere utile riorganizzare il sistema di offerta distinguendo da una parte gli ospedali sede di Dea di secondo e di primo livello, nei quali fare convergere prioritariamente le richieste di prestazioni classificate come urgenti (entro 3 giorni) o ad attesa breve (entro 10 giorni), dall’altra gli ospedali di base e i poliambulatori distrettuali (le case della comunità del Pnrr), nei quali fare convergere prioritariamente tutte le prestazioni classificate come differibili (entro 30 giorni per le visite specialistiche e 60 giorni per gli esami strumentali), cioè le prestazioni in gran parte afferenti all’area della cronicità, lasciando libertà di scelta per le richieste senza scadenza. Ovviamente i medici di famiglia devono codificare con estrema precisione le richiesta e i centri prenotazione devono riuscire a garantire i tempi di attesa previsti dalle norme. Ove questo non sia possibile, bisognerebbe che al livello del territorio aziendale le richieste siano subito prese in carico da una piattaforma di secondo livello in grado di assegnare le prestazioni ad agende di medici in regime di libera professione retribuita dall’azienda sanitaria oltre l’orario di servizio su base volontaria. Si tratta di una modalità organizzativa già sperimentata in passato, quella delle prestazioni aggiuntive, la cui attuazione bloccherebbe immediatamente il ricorso forzato alla libera professione da parte dei cittadini, per cui non ci sarebbe più bisogno di sospenderla per legge. Non un progetto “spot” fatto apposta per consumare risorse, ma una modalità ordinaria della crisi con indicatori di processo e di esito ben definiti, basata sull’uso razionale delle risorse disponibili, che sia il frutto di una nuova stagione negoziale e di un clima improntato al dialogo e alla condivisione dell’obiettivo strategico tra tutti gli attori del sistema, tra cui per primi i cittadini.
Ottavio Narracci è docente di Management sanitario
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