L’Intelligenza artificiale salva l’impiego

La notizia è certamente positiva. Più volte, in passato, su queste pagine avevamo evidenziato due necessità: quella di introdurre un sistema informativo unico per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, soprattutto dopo l’improvvida abolizione del Reddito di cittadinanza, e quella di non demonizzare l’intelligenza artificiale, valutando la possibilità di sfruttarne i vantaggi.

Qualcuno deve averci dato ascolto se è vero che adesso, decreto Coesione alla mano, i datori di lavoro possono pubblicare sul Siisl le posizioni vacanti dei loro organici; chiunque, quindi non solo percettori di sussidi e politiche passive, può accedere alla piattaforma per cercare chance occupazionali; il sistema informativo unico si appresta a pubblicare anche tutti gli annunci di lavoro presenti sulle bacheche online divenendo così un efficace motore di ricerca.

La vera svolta, però, consiste nel ruolo dell’intelligenza artificiale che, sempre sulla base del decreto Coesione, aiuterà a dire quante persone hanno accettato o rifiutato una congrua offerta di lavoro. Finora questo compito è stato demandato ai centri per l’impiego che non l’hanno sempre e correttamente svolto.

Adesso l’intelligenza artificiale provvederà all’abbinamento ottimale delle offerte e delle domande di lavoro, esaminando tutte le offerte di lavoro e tutti i curricula che i percettori sono obbligati a caricare al momento della iscrizione sul Siisl.

La stessa intelligenza artificiale valuterà la congruità dell’eventuale offerta di una occupazione, cioè la coerenza tra la proposta di lavoro e le esperienze e competenze maturate dalla persona interessata, la distanza del luogo di lavoro dal domicilio e i tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico, la durata della fruizione del sussidio economico.
Le novità riguardano anche la formazione. Il decreto Coesione, infatti, prevede anche che i dati del Siisl sono utilizzati, in forma anonima e aggregata, per la verifica dell’efficacia formativa dei corsi di formazione svolti dagli enti formativi accreditati.

La norma dispone che a ciascun ente formatore sia assegnato un punteggio commisurato alla percentuale di iscritti assunti entro sei mesi della conclusione del corso, secondo modalità che saranno decise con un decreto ministeriale: una sorta di tasso di coerenza tra formazione impartita e sbocchi occupazionali effettivi, come l’ha opportunamente definita la giuslavorista Lucia Valente.

Le innovazioni introdotte col decreto Coesione lasciano ben sperare. I rischi dietro l’angolo, però, ci sono. Quello principale riguarda le resistenze che una simile riforma rischia di trovare nella parte più conservatrice del governo Meloni e all’interno del Ministero del Lavoro guidato da Marina Calderone.

Troppo spesso, in passato, abbiamo assistito a norme presentate come rivoluzionarie ma puntualmente depotenziate in sede di emanazione dei decreti attuativi o, prima ancora, di conversione del decreto in legge.

Anche stavolta il pericolo è che qualcuno trovi il modo di disinnescare il potenziale impatto dell’intelligenza artificiale ai servizi per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Sarebbe l’ennesima occasione sprecata.
Raffaele Tovino *dg Anap

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