Limitandoci salviamo la pesca

I ricci di mare non sono patrimonio gastronomico di tutte le regioni italiane. In Liguria, per esempio, nessuno li prende. In Puglia, invece, sono una prelibatezza: tutti li vogliono. Il prelievo intensissimo sta depauperando le popolazioni e, quindi, si ferma la pesca. La specie non corre grandi rischi a causa del prelievo, mentre è a rischio la risorsa. Prima di spiegare perché è bene chiarire alcune cose. In Salento si parla di “rizzu e rizzara”.

Grammaticalmente, rizzu dovrebbe essere il maschio e, quindi, la femmina è la rizzara. Poi si chiede: ma quale è commestibile? E la risposta è lu rizzu. Il maschio. E cosa si mangia del riccio? Risposta: le uova. Le uova del maschio? Ah, già. E poi i ricci fanno il latte, giusto? Eh certo, alcuni li apri e dentro c’è il latte. Già, i ricci sono come i mammiferi, vero? Le certezze iniziano a vacillare. Da zoologo mi diverto a spiegare che lu rizzu è una specie, si chiama Paracentrotus lividus, mentre la rizzara è un’altra specie, addirittura di un genere differente. Si chiama Arbacia lixula. Non sono il maschio e la femmina della stessa specie.

Già, a spiegare questo vengo guardato con diffidenza. Noi non mangiamo le uova, mangiamo le gonadi dei ricci. Le gonadi sono le ghiandole sessuali e producono uova, negli esemplari femminili, e spermi in quelli maschili. Mangiamo sia i maschi sia le femmine di Paracentrotus lividus, e mangiamo le loro gonadi (ovari e testicoli). Quel liquido bianco non è latte, è sperma. Il cosiddetto riccio maschio ha gonadi grandi, ed è quindi di buon valore alimentare, mentre il cosiddetto riccio femmina, Arbacia lixula, ha gonadi meno sviluppate e quindi, quando lo apriamo, risulta “vuoto”. Le due specie vivono spesso mescolate ma non è difficile distinguerle. Paracentrotus è violaceo e ha aculei tozzi, mentre Arbacia è nera e ha aculei aguzzi. L’apparato boccale sembra un becco e raschia tutto quello che cresce sugli scogli. I ricci si riproducono anche quando sono piccoli. Emettono i gameti (uova e spermatozoi) e dopo la fecondazione si forma una larva che vaga sospesa nell’acqua per un certo periodo e poi scende sul fondo e diventa un piccolo riccio.

Noi non prendiamo i ricci commestibili quando sono piccoli, anche se le loro gonadi sono già funzionali. Non c’è molto da mangiare. Se il prelievo è troppo intenso, però, restano solo i ricci più piccoli, assieme a quelli non commestibili. Dato che si riproducono anche a piccola taglia, i ricci continuano a produrre larve anche se le popolazioni sono costituite da individui di piccole dimensioni, ma la risorsa scompare perché i piccoli non riescono a diventare grandi, visto che continuiamo a prenderli, accontentandoci anche di quelli più piccoli. La specie non corre rischi, ma la risorsa ne corre eccome. Se non rallentiamo il prelievo, e continuiamo a prenderli con grande intensità, la qualità del prodotto “riccio” diminuisce. Il fermo di pesca serve per permettere ai ricci più piccoli di diventare grandi e di continuare a riprodursi, aumentando le popolazioni e rendendo di nuovo disponibili i ricci più “pieni”. Insomma, il fermo di pesca dei ricci serve per la ricostituzione della risorsa. Se volete continuare a mangiare ovari e testicoli di ricci dovete ogni tanto smettere, per lasciarli crescere.

Lo stesso vale per i pesci. I pescatori sanno benissimo che se pescano i pesci quando sono troppo piccoli perdono importanti quantità di pescato. È meglio prendere tanti pesci di buona taglia che tanti pesci di piccola taglia. Se li prendi quando sono piccoli, è ovvio che poi non ci saranno quelli grandi. La tragedia dei beni comuni risiede nel fatto che i pesci sono, appunto, un bene comune: sono di chi li prende. Il pescatore sa che se non li prende lui, li prende qualcun altro. E allora è meglio se li prendo io. Il pescatore lo sa che distrugge il proprio futuro se prende pesci troppo piccoli, ma sa anche che se non sarà lui a farlo, sarà un suo competitore, un altro pescatore, ad approfittare. I fermi di pesca servono a questo. Ci si ferma e si attende che la risorsa si ricostituisca. Nelle aree marine protette non si può pescare, e le popolazioni dei pesci sono abbondanti. Se smettiamo di prelevare intensamente, le risorse si ricostituiscono. Questo è nell’interesse delle specie bersaglio, dei pescatori e dei consumatori. Se continuiamo a pescare, miniamo la possibilità che la pesca abbia un domani. Dato che ci sono sempre i furbi, se alcuni dovessero decidere di comportarsi in modo responsabile, altri potrebbero continuare a pescare, distruggendo la risorsa. È bene quindi che un’autorità superiore (le forze dell’ordine) fermi i furbi, nell’interesse di tutti. E anche i consumatori devono fare la loro parte. Se vi offrono i ricci durante i fermi dite: no grazie.

Ferdinando Boero è professore di Zoologia all’Università di Napoli

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