Per il primo numero di agosto sulla copertina di Chi, il “settimanale people più letto d’Italia che racconta le storie dei personaggi più amati e seguiti dal pubblico” – come si legge dalla scheda editoriale pubblicata sul sito della Mondadori – ci sono Chiara Ferragni e il suo manager Silvio Campara e il loro presunto flirt, poi Francesco Totti e Noemi Bocchi impegnati a lavare le tapparelle di casa, il principe Harry e la consorte Meghan Markle, ma soprattutto c’è lei, Giorgia Meloni.
La presidente del Consiglio risponde alle domande di Giulia Cerasoli e fa “un bilancio in totale trasparenza e con lo stile diretto che la caratterizza” dei suoi due anni a Palazzo Chigi. Una intervista molto lunga, ben sette pagine, corredata da dodici fotografie che raccontano sia alcuni dei momenti pubblici che privati vissuti dalla premier.
Adesso, la maggior parte degli analisti e degli osservatori politici si è catapultata nello studio filologico, matto e disperatissimo, delle risposte dettate dalla Meloni, così come nell’estrazione dei possibili non detto o delle velate allusioni che di certo qualche bravo opinionista politica riuscirà a scovare e a evidenziare.
Però, questo esercizio interpretativo che potrebbe farci comprendere in anticipo le future evoluzioni dello scenario politico italiano nei prossimi mesi, rimane circoscritto a un pubblico ristretto. Ecco perché il dato più interessante dell’intervista a Giorgia Meloni, non è tanto il contenuto in sé, quanto paradossalmente lo diventa il contenitore.
È la scelta di affidare a un settimanale gossiparo, di voyeurismo patinato la propria immagine, senza temere che questa cornice popolare le possa far pagar dazio, in termini di reputazione.
Anzi, nella logica mediale e narrativa di Giorgia Meloni di voler essere al contempo un leader politico e una celebrità di tutti i giorni, che non crea distanza e distacco, quindi immersa come qualunque altro di noi, suoi follower e concittadini, negli affanni e nella logorante routine quotidiana, non c’era una soluzione migliore di questa.
La matrice editoriale del settimanale diretto da Alfonso Signorini è la sintesi perfetta di questa visione disintermediata della celebrità contemporanea, a prescindere dall’ambito in cui si esercita, spettacolo, sport, cultura o politica.
Ogni settimana, il lettore-spettatore sfogliando le pagine di Chi porta a compimento quel processo di immedesimazione orizzontale, di latente condivisione delle medesime emozioni vissute dai suoi Dip, i digital important person, che hanno rimpiazzato i vetusti Vip, e che a tutte le ore del giorno può incontrare online sull’uscio della propria bacheca. Se così stanno le cose, allora è chiara l’importanza strategica del contenitore, del mezzo che diventa esso stesso messaggio, giusto per citare il più celebre dei principi descritti dal sociologo canadese Marshall McLuhan, per dare forza e credibilità al racconto meloniano di questi anni.
Non di meno, c’è da considerare almeno altri due aspetti, nient’affatto marginali per un leader politico, che sono legati alla scelta di rispondere alle quindici domande di Chi.
Innanzi tutto, l’intervista ha consentito di allargare la platea dei pubblici che solitamente possono essere raggiunti mediante i canali convenzionali, ma in particolare, di affrontare temi specifici, come la maternità o la condizione femminile nel mondo del lavoro sui quali la Meloni si è opportunamente soffermata, raggiungendo dei lettori che li considerano potenzialmente prioritari e che mai avrebbero comprato e letto, con leggerezza e interesse, le pagine di un quotidiano come la Repubblica, il Corriere o la Stampa.