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L’era delle apparenze, quando la sostanza diventa un fardello

Viviamo un’epoca in cui, sempre più spesso, si assiste al trionfo delle apparenze; un’epoca in cui la sostanza si fa evanescente, i valori si smarriscono e l’involucro prende il posto del contenuto. I funerali si trasformano in spettacoli scenografici; si spendono fortune per fiori e bare, ma si dimenticano le storie, i valori e gli insegnamenti della persona scomparsa. I matrimoni diventano eventi da copertina, dove il luogo scelto per la festa e l’abito valgono più del progetto di vita comune. La cura maniacale del look e del corpo, con ampi investimenti su fitness e chirurgia estetica prevale sulla formazione culturale e morale, Nel lavoro conta più il titolo prestigioso, magari appena conquistato, che la competenza maturata con anni di esperienza.

I social media amplificano la spettacolarizzazione, spingendo a vivere come attori in un palcoscenico permanente, dove non conta “chi sei”, ma “come appari” su uno schermo; la visibilità ottenuta con uno scandalo o un selfie ritoccato vale più del merito conquistato con fatica. Sono segnali di un mutamento culturale profondo: si privilegia il contorno e non la sostanza. L’essenziale tende a essere oscurato dal secondario.

Viviamo in una società in cui l’immagine ha assunto il ruolo di biglietto da visita esistenziale; il consumismo emotivo trasforma ogni cosa in bene di mercato, dove anche i valori si trasformano in “prodotti”. La crisi del tradizionale concetto di “comunità” lascia un vuoto che viene colmato da simulacri; il venir meno dei luoghi di relazione autentica (parrocchie, piazze, circoli, persino famiglie unite) lascia spazio a un vuoto che si cerca di riempire con riti esteriori. Anche la politica, ridotta a slogan e marketing, riflette questa deriva: non conta la coerenza, ma l’immagine; il “sembrare onesti” sostituisce il “comportarsi onestamente”.

Cosa fare, allora? Non basta indignarsi o rimpiangere il passato. Servono scelte precise, individuali e collettive. Occorre innanzitutto educare al discernimento: non solo scuola come trasmissione di nozioni, ma palestra di spirito critico, di etica e responsabilità; ai giovani va insegnato a distinguere tra ciò che è essenziale e ciò che è accessorio. È necessario recuperare la “memoria delle persone”; ritornare a dare valore alle storie di vita, agli esempi, agli anziani, ai testimoni, per far emergere ciò che resta oltre la morte, oltre l’apparenza. In un’epoca di solitudini digitali, costruire spazi di incontro reale: associazioni, volontariato, cultura locale; solo relazioni concrete possono ridare senso ai valori di rispetto e dignità della persona. Occorre riscoprire la sobrietà e l’autenticità: vivere con misura, senza confondere successo con clamore, bellezza con artificio, politica con marketing; coltivare uno stile di vita più attento all’essere che all’avere.

Pretendere, infine, esempi credibili da chi ricopre ruoli pubblici. Non slogan né immagine, ma coerenza e responsabilità. Non è più tempo di dare spazio alle schizofreniche improvvisazioni di taluni personaggi incompetenti “certificati”. È giunto il tempo di mettere in atto comportamenti e azioni che aiutino a ricomporre l’ethos civico – politico di una comunità che non ha intenzione di arrendersi alle tante ombre, angosce e aberrazioni che oggi offuscano le luci della sua cultura, le sue sacrosante speranze, i valori della sua civiltà. Servono esempi credibili: figure pubbliche che testimonino coerenza, sobrietà, servizio. La politica, ma anche l’arte, la cultura, lo sport, possono essere veicoli di un nuovo ethos.

La vera democrazia non è generata da un potente che interpreta un popolo, ma da un popolo che interpreta sé stesso attraverso i suoi eletti, cui sono destinati non privilegi più o meno sospetti, ma ruoli di rispetto e dignità della funzione. Certo, non è semplice. Ma la crisi può essere anche un’occasione. Crescono movimenti che rifiutano l’eccesso di apparenza (minimalismo, slow life, decrescita felice); movimenti che cercano autenticità, stili di vita più sobri, comunità solidali. Da più parti emergono richieste di trasparenza, partecipazione civica, politica dal basso. Si riscopre, soprattutto nei giovani, il desiderio di comunità e di senso. In fondo, ogni epoca vive tensioni tra forma e sostanza.

L’epoca delle apparenze ci mette alla prova. Non basta sembrare migliori: occorre tornare a esserlo. La sostanza non fa rumore, ma lascia tracce. L’apparenza brilla un istante, poi svanisce. Sta a noi scegliere cosa consegnare al futuro.

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