Legge elettorale, quante assurdità

Si va a votare domenica 25 settembre e ritengo sia nostro diritto conoscere il sistema elettorale. E’ un desiderio legittimo, ma da masochisti.

Sappiate infatti che la legge elettorale è stata scritta per essere la più semplice possibile per chi va al seggio (basta una croce, come le firme degli analfabeti) ma la più intricata di quelle mai immaginate nei meccanismi applicativi. La legge attuale è stata concepita da Ettore Rosato coordinatore nazionale di Italia Viva. L’obiettivo della legge (ribattezzata “Rosatellum” ) è fare dell’elettore un utile idiota e lasciare che le vere scelte siano dei segretari di partito. O, al limite, del caso. Prima di andare al succo, bisogna ripassare alcune nozioni di base.

Sia la Camera (400 deputati) sia il Senato (200 senatori) sono eletti con un sistema misto: in parte – circa per due terzi – con il proporzionale in base ai voti raccolti dalle liste che superano lo sbarramento nazionale del 3% e in parte minore (circa un terzo) in collegi territoriali dove vince il candidato che raccoglie più voti, qualunque sia la percentuale presa. Le cose sono un po’ più complesse di così, ma il succo è questo. Se sulla scheda ci fossero le due scelte in modo esplicito, non ci sarebbero particolari anomalie. E invece… Quali sono le assurdità della legge elettorale? Eccone un elenco, neppure esaustivo.

  1. Con una sola croce esprimi un voto consapevole e uno inconsapevole. L’elettore può votare per un simbolo (voto proporzionale) oppure per un nome (voto maggioritario) ma il suo voto sarà sempre conteggiato due volte. È possibile barrare due volte solo se le scelte sono tra loro vincolate.
  2. Voti il tuo partito ma eleggi un candidato di un partito alleato. Supponiamo che l’elettore abbia simpatia per un partito, per esempio Forza Italia, ma non sopporti il candidato imposto nel proprio collegio, per esempio Giorgia Meloni. Mettendo la croce sul simbolo di Forza Italia il voto sarà conteggiato come una croce esplicita su Meloni.
  3. Voti il tuo partito e il tuo voto è conteggiato su un altro simbolo. Se il partito che scegli supera l’1% ma non raggiunge il 3% i voti espressi saranno spostati sul partito o sui partiti alleati che superano il 3%. È già successo nel 2018: chi ha votato la lista +Europa si è visto il voto conteggiato come Pd, partito che aveva un programma elettorale e ovviamente candidati diversi da +Europa. Non esiste al mondo una più evidente forzatura dell’espressione del voto.
  4. Voti il candidato uninominale e il voto è conteggiato per un partito a tua insaputa. Supponiamo che l’elettore nel proprio collegio si trovi fra i candidati all’uninominale una persona che stima, ma non vuole esprimere una preferenza di partito. Nel voto, metterà la croce solo sul nome del candidato. Ebbene, a sua insaputa, che il candidato prescelto vinca o perda, il voto sarà conteggiato su una delle liste alleate che appoggiano il candidato. Su quale? Non si sa: in proporzione ai voti espressi. Questo voto casuale viene conteggiato come un voto vero e può contribuire a raggiungere il 3% di sbarramento e a far scattare seggi proporzionali per quella lista.
  5. Voti una lista ed eleggi un rappresentante di quella lista ma in un altro territorio. Supponiamo che l’elettore desideri eleggere uno dei candidati di partito presenti nel listino proporzionale: non può scegliere l’ordine perché non c’è preferenza, quindi il suo voto andrà al primo della lista. Ma anche se tale scelta dovesse coincidere con la sua effettiva preferenza non è detto che sia quello il candidato eletto. Infatti una volta stabilito se la lista supera lo sbarramento del 3% e quanti eletti ha a livello nazionale, la scelta degli eletti sul territorio si basa su un meccanismo più simile alla cabala che a una conta elettorale. L’esito di tale sistema è che la maggioranza dei prossimi deputati e senatori non avrà raccolto neppure un voto sulla propria persona. Tutti loro, anche se formalmente eletti in uno specifico territorio, non devono ringraziare chi si è recato al seggio per mettere la croce su un simbolo o su un nome, ma il segretario di partito che ha dato il via libera alla candidatura.

Se poi una lista si presenta da sola senza alleanze resta la regola del voto conteggiato due volte, il listino bloccato, la possibilità di eleggere qualcuno a sorpresa in un altro territorio. La lista singola deve fare il 3% nazionale ma in teoria potrebbe mancare il quorum e ciò nonostante vincere in un collegio uninominale e quindi eleggere un rappresentante.

Vincenzo D’Anna è presidente dell’Ordine nazionale dei biologi ed ex senatore

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